Non ci sono più sufficienti risorse umane per garantire il futuro dell’artigianato italiano. Per correre ai ripari bisogna ripartire dalla trasmissione dei saperi: dagli apprendisti in bottega affiancati dai maestri artigiani alle scuole dei mestieri e agli istituti professionali. Un filo rosso lega le eccellenze del
made in Italy. Tante le iniziative per attivare percorsi di inserimento rivolti soprattutto ai giovani disoccupati o inattivi. A
Palermo, per esempio, oltre 100 professionisti coinvolti, 100 botteghe prese in esame tra il centro storico del capoluogo siciliano e alcuni quartieri cerniera,
70 questionari somministrati e supportati da focus group in collaborazione con le associazioni di categoria: sono questi i numeri di una ricerca che ha permesso di tracciare uno spaccato inedito sull'artigianato di qualità a Palermo. Il progetto triennale, sostenuto da
Fondazione con il Sud insieme a
Fondazione Mon Soleil,
Fondazione De Agostini, Enel Cuore Onlus, Associazione Luigia Tincani per la promozione della Cultura (Università Lumsa), Fondazione Palazzo Butera, Fondazione Peppino Vismara, Fondazione Sicilia, Fondazione per l'Arte e la Cultura Lauro Chiazzese, ha previsto la creazione di una nuova mappatura delle professionalità attive nel territorio con un focus specifico su artigiani, architetti e designer. Un primo importante passo verso la costruzione di
reti e accordi di filiera collegati alle attività della
Scuola diffusa di arti e mestieri che ha aperto i battenti il 5 giugno con i primi laboratori dedicati alla ceramica e al recupero delle facciate storiche. «Ci siamo concentrati sul centro storico perché crediamo che qui vi siano tutte le potenzialità per sviluppare un ecosistema che contribuisca a generare nuove microimprese, ma abbiamo scoperto che anche fuori dai quartieri che storicamente ospitano le botteghe artigianali c’è un nuovo interessante fermento - spiega Maurizio Giambalvo, responsabile dell’équipe di ricerca composta dagli architetti Marco Ingrassia e Davide Leone -. Con la nostra indagine abbiamo aggiornato le mappe della presenza artigiana nel centro e analizzato i cambiamenti a seguito della pandemia e del riavvio dei flussi turistici. Per esempio, abbiamo scoperto che, nonostante la crisi e la fragilità del tessuto di produzione, continuano ad aprire nuove botteghe che spesso ibridano produzione artistica, artigianato e promozione socioculturale e che oltre il 45% di artigiani mappati è composto da donne. Il che dimostra che il settore è molto più femminile di quanto si possa pensare». Tante le informazioni raccolte, che mostrano come l'immaginario collettivo sull'artigianato sia ancorato a vecchi luoghi comuni.
Autodidatti o allievi in bottega (in totale quasi il 75% degli intervistati),
non portatori di una tradizione familiare (oltre il 70%),
dediti all’innovazione (il 74,2%) e con la
necessità di investire in risorse umane (il 23%), digitalizzazione (il 19%) e attrezzature (oltre il 19%): i dati emersi delineano un
nuovo identikit degli artigiani palermitani e confermano l’importanza di un progetto che, grazie anche all'offerta di
tirocini retribuiti, contratti a tempo determinato e contributi diretti per gli artigiani stessi, vuole incidere sul tessuto socio-economico della città.
Scattare una fotografia dell’artigianato prendendo in considerazione non soltanto l’offerta, ossia il patrimonio di botteghe e artigiani, ma anche la domanda di prodotti e lavorazioni generata dai professionisti attivi in città, quali architetti e designer, è il primo passo di un progetto più ampio che mira a rendere il
capoluogo siciliano una realtà socialmente ed economicamente
dinamica e attrattiva. Un obiettivo condiviso anche dalla Fondazione Sicilia e dalla Fondazione per l'Arte e la Cultura Lauro Chiazzese, che hanno sostenuto l’attività di ricerca credendo nell’utilità di un’azione volta ad analizzare pratiche e opportunità, con l’obiettivo di promuovere il ruolo del patrimonio culturale nell’avvio di processi di sviluppo locale sostenibile. «Sosteniamo il progetto
QuattroPuntoZero con grande convinzione - afferma il presidente della Fondazione Sicilia
Raffaele Bonsignore - perché sposa due punti cardine della nostra
mission. In primo luogo, i giovani hanno modo di riappropriarsi della memoria collettiva e degli antichi mestieri. Inoltre, con questo progetto si valorizzano luoghi e saperi, creando così nuove opportunità di lavoro: un incentivo importante per non essere costretti a partire dalla Sicilia in cerca di un'occupazione». «
Quattro Punto Zero è un progetto estremamente interessante - aggiunge il segretario generale della Fondazione Sicilia
Guido Gianferrara - perché parte da ottime premesse. Si tratta di azioni concrete volte a rigenerare il tessuto economico e sociale del territorio in continuità con la sua storia e la sua identità guardando anche alle future generazioni». «La Fondazione Lauro Chiazzese ha sostenuto la realizzazione della ricerca sul tessuto artigianale palermitano nella convinzione che la produzione di conoscenze puntuali, aggiornate e approfondite sia essenziale per definire politiche efficaci a sostegno dello sviluppo del territorio. Con il supporto a quest’attività - continua il presidente
Gianni Puglisi - la nostra Fondazione intende contribuire allo sviluppo di un tessuto artigianale sano e capace di coniugare tradizione e innovazione».
L'artigiano lombardo e il sistema IefpSe a fine maggio 2022 il 58% delle imprese del terziario a Milano, Monza Brianza, Lodi prevedeva nuove assunzioni, ma otto su dieci non trovavano personale, oggi, a un anno di distanza, il 78% ha in previsione nuove assunzioni, ma quasi nove imprese su dieci hanno difficoltà nel reperire personale. Tuttavia, secondo i datori di lavoro il motivo principale di questa "anemia" non risiede nei salari bassi, piuttosto nella mancanza di competenze. L'aggiornamento dell'indagine di
Confcommercio (dati elaborati dall'Ufficio Studi) fa emergere una situazione non risolta, anzi, aggravata. All'indagine di quest'anno hanno risposto 543 imprese (il 74% da Milano e area metropolitana) in particolare della ristorazione (28%), del dettaglio non alimentare (16%), dell'ingrosso (7%) dei servizi alle imprese (6%) - con un numero di occupati prevalente fra le due e le 20 unità (in questa fascia l'80% delle imprese). Di queste, il 78% prevede di fare nuove assunzioni. Soprattutto nel comparto della ricettività (96%), nei servizi della ristorazione (91%),
nell'artigianato (85%), nell'ingrosso (78%), con contratti al 50% a tempo indeterminato, e al 50% a tempo determinato. A tempo indeterminato è maggiore la propensione ad assumere nei servizi alle imprese (65%) e nell'ingrosso (61%). Il determinato invece è la modalità più indicata nella ricettività e nel dettaglio non alimentare (59%), ma anche fra gli artigiani e le attività di agenzia e rappresentanza (58%). Tuttavia, per l'86% delle imprese (quasi nove su dieci) è difficoltoso reperire personale. Numeri che si alzano drammaticamente nella ricettività (100%), nei servizi di ristorazione (94%) e fra gli
artigiani (93%), ma che restano alti anche per l'ingrosso e i servizi alle imprese (84%). La carenza di personale viene in parte sopperita dal sistema regionale dell’Iefp-Istruzione e Formazione Professionale, che solo in Lombardia registra
77mila studenti iscritti (20% stranieri, 45% donne) riesce a immettere sul mercato del lavoro ogni anno
circa 24mila giovani, di fronte a una domanda di tecnici e artigiani che per il settore, solo in Lombardia, è pari a oltre 250mila persone. E non sempre i ragazzi che terminano il percorso formativo, secondo le imprese, risultano pronti per affrontare il mondo del lavoro: un aspetto che contribuisce ad ampliare ulteriormente la forbice del disallineamento tra i giovani e le aspettative delle 233.402 aziende artigiane lombarde (e 1.290.000 circa italiane), costringendole a rinunciare a ulteriori opportunità di sviluppo o semplicemente a non proseguire l’attività. Anche in Lombardia, del resto, sono oramai quasi introvabili gli artigiani dei mestieri tradizionali. Le imprese cercano falegnami, carpentieri, fabbri, idraulici, installatori, sarti e ricamatori, elettricisti, saldatori, orafi, riparatori, muratori, tappezzieri, meccanici, panettieri, autisti, esperti di trasformazione alimentare, calzolai, vetrai, parrucchieri, ottici… Ed è fortissima anche la richiesta di addetti alla logistica e all’ospitalità, come è elevata la ricerca di artigiani 4.0, capaci di unire tecnologia, digitalizzazione e creatività, e di giovani competenti e appassionati ai temi della sostenibilità e alle energie rinnovabili applicati alla micro e piccola impresa. Una domanda, in questo caso, solo in parte placata dallo sviluppo dei nuovi Its. Alle imprese artigiane più fortunate servono almeno 6 mesi per trovare i giovani disponibili e ritenuti sufficientemente preparati, senza parlare del tempo e delle energie investite per la formazione sul campo. La “riforma della formazione professionale potrebbe passare da un modello sperimentale: un campus 4+2, quattro anni di Formazione Professionale + altri due di Its-Istituto tecnico superiore a cui i ragazzi potrebbero accedere direttamente. «Un progetto di filiera formativa - sottolinea il ministro dell’Istruzione e del Merito
Giuseppe Valditara - da attuare con le Regioni, imprese, scuole e sindacato. Nei prossimi giorni daremo via al dialogo». Il ministro ha annunciato anche l’intenzione, qualora vi fosse la necessità e la disponibilità degli istituti professionali statali, di offrire cattedre agli imprenditori, esperti e tecnici, in un progetto di rinforzo del rapporto tra le scuole e il mondo del lavoro. «Qualunque cambio di rotta proveremo a definire a partire da oggi, avrà bisogno di almeno 6/7 anni per garantire i primi risultati utili ma il sistema artigiano non ha più tempo – commenta
Stefano Fugazza, presidente di Unione Artigiani Milano e Monza-Brianza -. Le nostre imprese sono agli ultimi minuti dei tempi supplementari: non c’è più ricambio generazionale, i titolari sono sempre più anziani, i giovani imprenditori artigiani under 30 sono calati in Italia del 40% negli ultimi cinque anni. Eppure, si tratta di mestieri anche ben pagati e che offrono grandi opportunità, forse ancora troppo poco conosciute. Il risultato è che oggi i centri di formazione non riescono a conquistare le nuove generazioni». Osserva
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi: «Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro penalizza i nostri giovani e danneggia l’economia. Si stima che ogni anno in Lombardia manchino per le necessità delle imprese circa 40mila lavoratori. É, dunque, urgente rilanciare un’alleanza tra mondo della formazione, sistema imprenditoriale e istituzioni. A questo proposito ricordo l’esperienza dell’Iefp, in Lombardia, che ha ottenuto ottimi risultati coinvolgendo migliaia di imprese». «Guardando ai contesti lavorativi e ai fabbisogni emergenti si conferma sempre più l’efficacia della modalità “duale” di erogazione e fruizione di percorsi di formazione – precisa
Mattia Dolci, Executive Vicepresidente di Ptsclas - perché garantisce raccordo organico e continuo tra formazione e mondo del lavoro: tramite forme di progettazione condivisa è possibile, infatti, acquisire competenze e conoscenze nei luoghi di lavoro, in modo complementare a quelle raggiunte all’interno dei soli contesti formativi (scuola, enti di formazione e Università) anche con l’obiettivo di favorire l’inserimento nel mercato del lavoro dei giovani, e per rafforzare l’efficacia dei percorsi di
re-skilling per gli adulti». «In Lombardia la Iefp - parte strutturale del sistema nazionale gestito dalla Regione - coinvolge circa 77mila studenti che scelgono i percorsi professionalizzanti dopo la terza media – interviene
Diego Montrone, presidente di Aef Lombardia (Associazione Enti di Formazione) -. Il tessuto imprenditoriale e produttivo manifesta ripetuti riconoscimenti e disponibilità a cooperare con la formazione professionale. Bisogna puntare a valorizzare questo sistema che ha dimostrato di essere attrattivo e di funzionare creando reali opportunità professionali per tanti giovani».