Economia

Anpal. Ecco chi è il disoccupato

Daniele Cirioli martedì 6 agosto 2019

“Disoccupato” è lo status della persona che non lavora o che lavora con basso reddito, cioè con reddito non superiore a 8.145 euro annui (se l’occupazione è di lavoro dipendente) o a 4.800 euro annui (se è di lavoro autonomo). Lo stabilisce l’Anpal nella circolare n. 1/2019 d’intesa con il ministero del Lavoro, illustrando le nuove regole introdotte dal dl n. 4/2019 convertito dalla legge n. 26/2019 (decreto sul reddito di cittadinanza).

Sono considerati in stato di disoccupazione i soggetti che rilasciano la Did (è la “dichiarazione d’immediata disponibilità al lavoro”) e che alternativamente soddisfano uno di questi requisiti:
• non svolgono attività lavorativa, sia di tipo subordinato che autonomo;
• svolgono attività lavorativa ma per redditi da lavoro dipendente o autonomo cui corrisponde un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ex art. 13 del Testo unico imposte sui redditi (dpr n. 917/1986).

Un lavoratore in stato di disoccupazione (avendo rilasciato la Did) può conservare tale stato anche se svolge attività di lavoro, purché ne ricavi un reddito al quale corrisponde un’imposta lorda Irpef pari o inferiore alle detrazioni fiscali spettanti. Nel caso di lavoro dipendente, tale limite di reddito è pari a 8.145 euro annui; nel caso di lavoro autonomo, a 4.800 euro annui. Se l’attività svolta è più di una e di diversa tipologia (sia dipendente sia autonomo), lo status è conservato se con nessun lavoro si ricavano redditi oltre i rispettivi limiti (8.145 il dipendente e 4.800 l’autonomo) e se, inoltre, con la somma di tutti i redditi non si supera il tetto più alto (8.145 euro).

Ai fini della verifica degli importi limiti per conservare lo status di disoccupazione il reddito è valutato in termini prospettici: viene valutata, cioè, la potenziale capacità del nuovo impiego di produrre nell’anno il reddito superiore al limite. Pertanto, indipendentemente dalla durata del rapporto di lavoro dipendente, si considera la retribuzione annua imponibile ai fini Irpef; nel caso di lavoro autonomo, si segue il “principio di cassa”, sia nell’imputazione dei compensi percepiti sia in quello delle spese sostenute e detraendo anche i contributi versati, se dovuti e se deducibili ai fini Irpef.