Economia

MISURE PER LO SVILUPPO. Maxi-emendamento: il governo porrà la fiducia al Senato

giovedì 3 novembre 2011
Immobili militari potranno diventare d'uso civile: in pratica caserme potranno diventare case. È quanto prevede una delle misure contenute nell'ultima bozza del provvedimento sullo sviluppo all'esame dei tecnici per valutare l'introduzione nell'emendamento alla legge di Stabilità. La Difesa - prevede la norma - potrà indire conferenze di servizi con comuni, province e regioni per ottimizzare il valore degli immobili militari, trasformando la destinazione d'uso da militare a civile, con conseguente variante urbanistica.Viene tolto il divieto di attribuzione al ministero dei Beni Culturali delle donazioni di private finalizzate a finanziarie restauri. Nella bozza delle misure all'esame dei tecnici per valutare l'inserimento nell'emendamento alla legge di Stabilità è infatti prevista l'istituzione di un apposito fondo per la cultura.Arriva un'agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane che prenderà il posto dell'Ice, soppresso con la manovra dello scorso luglio. Il "ripensamento", finalizzato a creare un soggetto specializzato a promuovere i prodotti italiani all'estero, è previsto nelle misure della bozza del provvedimento destinato a confluire in parte nell'emendamento alla Legge di Stabilità. La norma fissa tra l'altro i criteri organizzativi, gli organi dell'agenzia e i compensi al Cda.Il governo chiederà al Senato il voto di fiducia sia sulla Legge di Stabilità e sia sull'emendamento a sostegno della crescita e per la riduzione del debito pubblico. Lo riferiscono fonti dell'esecutivo. L'emendamento comincerà il suo iter al Senato tra martedì e mercoledì della prossima settimana e il voto di fiducia dovrebbe tenersi nell'arco di 10-15 giorni. Il governo, che ha finora superato tutti i voti di fiducia, gode al Senato di una maggioranza più forte rispetto alla Camera. Non è al momento chiaro se Berlusconi intenda sottoporsi anche alla fiducia della Camera dove nelle ultime ore aumentano le defezioni tra le fila dei deputati del Pdl.Berlusconi ha anche informato i leader di Francia, Germania, Spagna e i rappresentanti dell'Ue che intende avviare a breve una trattativa con i sindacati per la riforma del lavoro e con l'Unione europea "per accelerare l'uso dei fondi europei". Il mini vertice dell'eurogruppo è stata l'occasione per confermare l'impegno al pareggio di bilancio entro il 2013 e illustrare i contenuti dell'emendamento approvato dal Consiglio dei ministri ieri sera.L'emendamento prevede un piano di vendita dei beni dello Stato e degli enti locali, ma non specifica l'ammontare annuo che nella lettera di intenti inviata all'Ue era indicato in 5 miliardi l'anno, ha detto la fonte. Inoltre, nell'emendamento "viene ribadito il concetto politico di innalzare l'età di pensionamento a 67 anni entro il 2026".Altre misure riguardano la liberalizzazione dei servizi pubblici locali con la possibilità degli enti locali di cedere le aziende municipalizzate ad eccezione di quelle idriche, la deregulation delle imprese per la realizzazione delle infrastrutture."In questo modo l'Italia rispetta i suoi impegni e contribuisce al comune progetto di gestione della crisi finanziaria in atto", ha commentato Berlusconi davanti ai suoi colleghi.IL PDL TEME LE "SIRENE" UDC: IN FUGA BONCIANI E D'IPPOLITOLe "sirene" dell'Udc si fanno sempre più forti. E il Pdl "perde nuovi pezzi". Con l'addio di Alessio Bonciani e Ida d'Ippolito è scattato l'allarme rosso in via dell'Umiltà. Nel partito si temono altre "defezioni", visto che molti "dissidenti" sarebbero tentati dal richiamo di Pier Ferdinando Casini. Per scongiurare ulteriori emorragie è al lavoro Denis Verdini, che tiene il "pallottoliere" del partito ed è in costante contatto con Silvio Berlusconi. Mario Pepe, deputato azzurro "prestato" ai responsabili, dà un'idea del clima interno con una battuta: "Il governo sta per morire, avete avvisato le famiglie?".Raccontano che tra i frondisti azzurri, compresi alcuni firmatari della lettera di Roberto Antonione, siano stati contattati da via dei Due Macelli per costruire insieme il "dopo-Berlusconi". Isabella Bertolini, berlusconiana di ferro e ora tra i "ribelli dell'Hassler", conferma: "Sì, ho sentito Casini, così come ho avuto tanti contatti in questi giorni così frenetici".Anche Fabio Gava, raccontano, sarebbe stato "attenzionato" dall'Udc, ma lui smentisce: "Non c'è nessuna opa da parte di altri partiti su di noi. La lettera - assicura Gava (che oggi ha incontrato in via dell'Umiltà Denis Verdini insieme a Giorgio Stracquadanio) - è un'iniziativa che riguarda solo gli azzurri della prima ora, ci sarà un motivo. Le nostre richieste a Berlusconi sono fatte con il cuore, non siamo dei traditori".Discorso a parte per Giustina Destro, che insieme a Gava non ha votato la fiducia al governo Berlusconi due settimane fa. L'ex sindaco di Padova, riferiscono fonti parlamentari della maggioranza, sarebbe molto vicina all'area che fa capo a Luca Cordero di Montezemolo."La fondazione 'Italia Futurà - dice la Destro - si sta muovendo ormai da quasi tre anni, anche con proposte interessanti nell'ambito del dibattito, ma Montezemolo non ha ancora deciso se scendere in campo".Destro si augura che altri possano firmare la lettera promossa da Antonione: "Mi auguro che a questo punto si possano unire a noi altre persone che hanno a cuore il bene del Paese, mi rivolgo a quei moderati che hanno avuto una responsabilità amministrativa, sociale e politica. Berlusconi non può lasciare gli italiani sospesi, deve dare una risposta".Anche Guglielmo Picchi, che ieri ha lasciato in anticipo la riunione di Antonione, sarebbe stato contattato dai centristi, ma continua a negare "cambi di casacca": "Lo ribadisco, non ho maldipancia e non ho tentazioni particolari...", si limita a dire. Molto corteggiato dai terzopolisti è Santo Versace, ex Pdl ora iscritto al gruppo Misto, che non ha dubbi: "Serve un governo di unità nazionale che risani il Paese. Non c'è maggioranza di turno che tenga, serve un nuovo governo con uno sforzo comune, l'Italia ha tutte le carte in regola per farcela".Tra i delusi c'è anche un altro berlusconiano di ferro come Roberto Tortoli: "Per ora non lascio il partito", ma ciò non toglie "che resto molto critico, come ho detto al presidente Berlusconi in questi mesi. Capisco Bonciani", il deputato del Pdl passato all'Udc, poiché "il disagio all'interno del Pdl è diffuso e generalizzato.Antonio Martino, tessera numero due di Fi e leader dei "frondisti" della prima ora con Guido Crosetto, non ha dubbi e dice: "Se la gestione del gruppo parlamentare alla Camera fosse stata diversa, non ci saremmo ridotti così e avremmo evitato tutto questo".Per il momento, restano alla finestra e compatti gli scajoliani. Nessuno di loro ha aderito alla lettera dei "ribelli" e tutti confermano l'appoggio al governo in caso di fiducia. Claudio Scajola, che oggi ha visto a colazione alcuni dei suoi, ribadisce la necessità di un allargamento della maggioranza, ma con lo stesso Berlusconi protagonista della transizione. In ogni caso, gli uomini vicini all'ex ministro dello Sviluppo respingono qualsiasi ipotesi di governo tecnico. Se cade Berlusconi, ragionano, si deve tornare al voto. La stessa linea ribadita da Angelino Alfano dopo la visita al Quirinale.MANOVRA IN TRE TEMPILa "manovra" sui conti da portare in Europa sarà fatta in tre tempi. Ieri notte il Consiglio dei ministri ha superato così, dopo una giornata di scontri e tensioni, la necessità immediata del presidente del Consiglio di presentarsi al G20 di Cannes (dove è previsto un pre-vertice della zona euro) con qualcosa di concreto in mano, in modo da rassicurare i partner internazionali e in mercati. Ma per il resto è stato «muro contro muro». La prima parte delle misure sarà affidata a un maxi-emendamento da presentare alla Legge di Stabilità, attualmente in discussione in Commissione al Senato. Altre materie saranno successivamente regolate con un decreto legge e altre ancora con un disegno di legge del governo. Una dilatazione dei tempi che non è affatto piaciuta alla Lega: «Ci si è calati le braghe», ha commentato scuro in volto il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli. Che ha aggiunto: «Esprimo il mio totale disappunto. Il decreto legge è alla memoria. Quando  si calano le braghe bisogna stare molto attenti a coprirsi le spalle». Nelle intenzioni, il Consiglio dei ministri doveva essere una riunione rapida, di ratifica di cose già decise nei vertici pomeridiani. In realtà, si è protratto per molto tempo. Con punte di altissima tensione attorno a quello che nel corso della giornata si è andato configurando come un vero e proprio giallo, ovvero quello dello strumento. Poiché non sono stati pochi a far presente – come il sindaco di Roma Gianni Alemanno – che il decreto avrebbe trovato la contrarietà politica del capo dello Stato, specie per quanto riguarda le norme sul lavoro. Poche le notizie trapelate sul merito dei provvedimenti: si sa – a stare alle dichiarazioni pomeridiane di esponenti del Pdl – che da esse saranno esclusi prelievi forzosi e la patrimoniale. E che la prima parte riguerderà rilancio delle infrastrutture e  dismissioni del patrimonio pubblico. Rimandato, invece, il nodo dei provvedimenti che riguardano i licenziamenti e le assunzioni più facili. Anche se una certa vulgata descrive  il premier per nulla intenzionato a fare una politica "lacrime e sangue", a ridosso di elezioni che, ormai, considera ineluttabili. Ma certo il governo non poteva presentarsi all’appuntamento con i partner internazionali a mani vuote, pena la definitiva sconfessione europea e nazionale. Del resto, ancora ieri, Berlusconi raccontava di un clima favorevole da parte della Merkel e dei collaboratori del presidente francese nei confronti dell’Italia. Più difficile, come si diceva, la discussione sullo strumento da adottare. Il Quirinale, nella nota di lunedì, ha parlato della necessità di larghe intese. E dunque, un decreto legge sul quale magari mettere la fiducia, sarebbe stato come una porta chiusa in faccia alle opposizioni.Ieri il ministro dell’Economia Giulio Tremonti (che ha partecipato in assoluto silenzio al vertice del Pdl, al quale è giunto in ritardo e dal quale si è allontanato prima che finisse) si è presentato in Senato, dopo l’incontro al Quirinale con il capo dello Stato. E ha detto che lui non vedeva di buon occhio la possibilità di inserire i provvedimenti sul lavoro e le assunzioni in un decreto. Poi, a Palazzo Chigi, lo scontro finale. Scontente le opposizioni. «Siamo molto lontani da quello che ci vorrebbe». Giovanni Grasso