Almalaurea. Il Covid-19 ha reso più difficile ai neolaureati trovare un impiego
Anche i neolaureati devono fare i conti con l'emergenza coronavirus e con l'impatto che esso ha avuto sul mondo del lavoro. Nei primi mesi del 2020 il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento della laurea è pari al 65% tra i laureati di primo livello e al 70,1% tra quelli di secondo livello. Rispetto alla rilevazione del 2019, entrambe le quote sono in calo: rispettivamente,-9 e -1,6 punti percentuali. È questo uno dei dati più significativi emersi dl rapporto AlmaLaurea presentato oggi. Anche rispetto alla rilevazione delle retribuzioni, queste, rispetto ad un anno fa risultano in tendenziale calo: -2,8% per i laureati di primo livello, -1,9% per quelli di secondo livello.
Nel 2019 il tasso di occupazione dei laureati è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello, con valori in aumento rispetto al passato. Il confronto con le precedenti rilevazioni, infatti, evidenzia un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione che, rispetto al 2014 (anno che ha rappresentato il punto di svolta), risulta aumentato di 8,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per i laureati di secondo livello ma che non colma la significativa contrazione del tasso di occupazione osservabile tra il 2008 e il 2014 (-16,3 punti percentuali per i primi; -15,1 punti per i secondi). La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è nel 2019, in media, pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all'indagine del 2014 le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d'acquisto) a un anno dal conseguimento del titolo figurano in aumento: +16,7% per i laureati di primo livello, +18,4% per quelli di secondo livello. Lo scorso anno, ad un anno dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda oltre un terzo degli occupati. Oltre la metà degli occupati, a un anno, considera il titolo di laurea "molto efficace o efficace" per lo svolgimento del proprio lavoro, il 90% è soddisfatto del percorso universitario intrapreso. Dopo il calo vistoso fino all'anno accademico 2013/14, dal 2014/15 c'è stata una ripresa delle immatricolazioni ma in questo periodo le università hanno perso oltre 37mila matricole, con una contrazione del 11,2%. Il calo delle immatricolazioni è più accentuato nelle aree meridionali (-23,6%), tra i diplomati tecnici e professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favoriti.
L'età media alla laurea per i laureati del 2019 è pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell'iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età "canoniche" dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni, per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2019 in media è pari a 1,4 anni. Alla storica mobilità per studio e lavoro lungo la direttrice Sud-Nord (un quarto dei diplomati nelle regioni del Sud di iscrive in università lontane da casa), che continua a caratterizzare l'Italia si affianca da qualche tempo quella verso l'Europa e gli altri Paesi extra-europei: questi costituiscono una destinazione alla quale guarda un numero crescente di giovani neolaureati, non solo per lo studio ma anche come possibile mèta lavorativa. La disponibilità a lavorare all'estero è dichiarata dal 47,3% dei laureati (era il 41,5% nel 2009): è il 48,8% per i laureati di primo livello, 43,3% per i magistrali a ciclo unico e 46,1% per i magistrali biennali. Il 31,8%, inoltre, è addirittura pronto a trasferirsi in un altro continente.