Welfare. Alla ricerca della felicità in azienda
I lavoratori cercano la felicità in azienda
Il benessere aziendale è diventato sempre più imperativo e non si può più trascurare o minimizzare. Secondo una ricerca, il massimo storico dell'infelicità è stato raggiunto nel 2023, con il 93% degli intervistati che si dichiara infelice sul posto di lavoro. Insoddisfazione e burnout le cause. Una soglia molto alta, eppure da tempo emergono studi che confermano quanto la felicità dei dipendenti possa incidere sulle motivazione e sulla produttività. Ma non bastano più sicurezza e stabilità finanziaria, nella scala dei valori ora contano il benessere e il coinvolgimento. Gallup, società americana specializzata in sondaggi d'opinione, afferma che gli italiani sono gli ultimi in Europa per il coinvolgimento sul lavoro. Secondo gli intervistati in Italia si lavora troppo e male. Solo il 5% dei lavoratori si sentirebbe coinvolto nelle attività svolte. La vita è frenetica e le richieste continuano ad aumentare. A volte la routine lavorativa e la mancanza di approcci innovativi minano il benessere in azienda. Anche per questo motivo negli ultimi anni abbiamo assistito a un'adozione massiva di forme di lavoro ibrido, richiesta a gran voce dagli stessi lavoratori. Se ciò da un lato ha contribuito ad accrescere i tassi di soddisfazione e benessere personale, ha anche reso necessario organizzare con più regolarità riunioni per evitare l'insorgere di senso di alienazione e isolamento. Se non gestiti in modo efficiente, però, questi eventi possono rappresentare un'arma a doppio taglio, implicando costi elevati per l'azienda dovuti a uno spreco di risorse e tempo prezioso per le persone impiegate nel processo organizzativo. Inoltre due dipendenti su tre non sono contenti della propria impresa, ritengono infatti che questa non faccia abbastanza per il benessere del proprio personale: la copertura per lo psicologo/psicoterapeuta è prevista solo nel 16% dei casi. Il dato è messo in luce dall'Osservatorio Sanità di UniSalute e Nomisma, che ha intervistato 1.200 italiani sui temi del welfare in azienda, focalizzandosi sull'aspetto della salute.
I sintomi del malessere e i segnali da non sottovalutare
Carichi di lavoro eccessivi. Periodi sporadici di lavoro intenso ci sono e ci saranno sempre, in qualunque azienda. Il problema sorge quando questo diventa un’abitudine. È un segno inequivocabile che qualcosa non funziona a livello manageriale e, a lungo andare, potrebbe causare stress. Per evitarlo è importante cercare un confronto per capirne il motivo e trovare insieme una possibile soluzione e tutelare il proprio work-life balance (la conciliazione vita privata-lavoro) che non deve mai passare in secondo piano.
Clima ostile. Le incomprensioni con colleghi e manager possono impattare negativamente sulle relazioni interpersonali e compromettere il clima in un luogo dove passiamo gran parte delle nostre giornate. È importante, quindi, cercare di costruire buoni rapporti, basati su trasparenza, correttezza e cordialità affinché ogni problema possa essere affrontato (e risolto) con il dialogo.
Mancato riconoscimento del proprio lavoro. Non vedere riconosciuti i propri sforzi, il proprio impegno e il proprio lavoro può far sentire a disagio e favorire il burnout. Se poi aggiungiamo la sensazione di ricevere una retribuzione inadeguata, il rischio aumenta notevolmente. Anche in questo caso, tentare di avere un confronto sincero e aperto con i propri manager aiuta sicuramente a migliorare la propria situazione.
Poca organizzazione. Un ambiente lavorativo caotico e dove vige scarsa organizzazione non contribuisce certamente a creare un ambiente sereno. Cercare un dialogo aperto e parlare apertamente di quello che accade e di quanto, magari, non funziona può certamente portare ad una migliore gestione e ad una pianificazione attenta del lavoro e degli incarichi con un vantaggio per tutti, benessere compreso.
Un lavoratore su due lotta in silenzio contro i problemi di salute mentaleSolo il 20% dei pazienti che iniziano un percorso di psicoterapia denunciando problemi legati al mondo del lavoro riceve una diagnosi correlata: è il dato che emerge da un’indagine interna condotta dalla piattaforma di benessere mentale Serenis (https://www.serenis.it/) su un campione di oltre 3mila persone. Dall’analisi risulta che, di quel 20%, le donne rappresentano il gruppo più consistente, con una percentuale del 67%; la fascia di età compresa tra i 25 e i 35 anni, che coinvolge il 46% del campione, è la più compromessa; infine, la categoria degli individui di età superiore ai 45 anni si presenta come la meno coinvolta, poiché solo il 9% dei partecipanti all'indagine manifesta disturbi in questo ambito. Dallo studio emerge anche che, delle persone che si rivolgono agli psicoterapeuti dichiarando di avere delle difficoltà correlate al lavoro, il 37% ha un disturbo di ansia, il 22% intraprende un percorso legato alla crescita personale, il 19% alla mancanza di autostima, il 17% ha problemi relazionali, l’8% fa un percorso legato allo stress, il 7% ha crisi esistenziali, il 6% lavora sull’assertività, il 5% ha problemi di coppia, il 4% ha un disturbo depressivo, il 3% inizia un percorso legato alla gestione dei conflitti e la restante parte per disagi legati al lutto, a traumi, ai disturbi dell’umore, agli attacchi di panico, al comportamento alimentare, al sonno e non solo. Ma perché tendiamo a identificare nel lavoro la causa del nostro malessere? Di quali patologie soffriamo in realtà? E quali sintomi le confondono? Con l’obiettivo di aiutare le persone a orientarsi all’interno di un panorama sintomatologico comune a diverse patologie, Martina Migliore, direttrice Formazione e Sviluppo di Serenis, elenca i disturbi che possono essere scambiati con patologie legate al mondo del lavoro e i segnali che possono creare confusione:
1) Disturbi ossessivo-compulsivi: portano le persone a sovrastimare il proprio carico di responsabilità e a temere le conseguenze che deriverebbero da un eventuale fallimento, percepite come catastrofiche. Il lavoro presuppone capacità organizzative e decisionali e questi fattori colludono con la sintomatologia dei disturbi in questione.
2) Perfezionismo patologico: spinge i professionisti a fissare standard altissimi, quasi inumani, e a legare tutto il valore personale ai successi in termini di performance. Tutti affrontano giornate più o meno produttive, e questo, per i perfezionisti patologici, diventa un problema insormontabile dal momento che il valore personale per loro dipende da un singolo risultato o da un feedback negativo.
3) Depressione: causa nelle persone una demotivazione generica e una stanchezza cronica, tra le altre cose. I ritmi lavorativi, per i depressi, possono diventare facilmente insostenibili, anche se basici, e questo non fa che aumentare la loro percezione di non essere abbastanza e la sfiducia in sé stessi.
4) Fobia sociale: fa temere il confronto con l’altro, percepito come pericoloso e sempre pronto a dare un giudizio negativo. Nel lavoro siamo chiamati, salvo casi di isolamento sociale totale, al dialogo con i colleghi e con i superiori, costrizione che può creare un disagio insostenibile da parte di chi percepisce il minimo cambiamento nelle proprie reazioni corporee e nei segnali dell’altro, che interpreta come altamente giudicante.
5) Disturbo da deficit di attenzione: spesso sottovalutato nell’adulto, causa un ventaglio di sintomi molto difficili da gestire e riconoscere, soprattutto se in assenza di una diagnosi e di un percorso psicoterapico infantili. Il lavoro implica organizzazione e rispetto delle scadenze e dell’opinione altrui. Tenere a mente tutto e frenare l’impulsività che spinge ad agire senza controllo, per loro può diventare complicato.
Le possibili soluzioni
Fortunatamente, ci sono alcuni metodi per invertire questa tendenza. Per fare in modo che le aziende migliorino la coesione tra i dipendenti, Smace-Smart work in a smart place ha stilato un decalogo che punta a semplificare questi processi fornendo i giusti consigli alle aziende per fare riunioni e meeting aziendali di valore per tutti.
Attenzione alla location. Fondamentale scegliere il luogo più adatto in base al tipo di riunione. Uscire dall’ambiente classico dell’ufficio e scegliere un luogo terzo può aiutare notevolmente.
Rispettare il budget. È essenziale avere una stima realistica del budget a disposizione per il tuo evento. Molto spesso non avere le idee chiare sui costi da investire rappresenta una delle principali ragioni di spreco di tempo.
Partire avvantaggiati con l’allestimento. L’impostazione degli spazi (tavoli, sedie, assetto dei partecipanti) può definire il modo in cui avverrà la riunione e contribuire in modo forte allo scambio di idee e confronti costruttivi. Scegliere il giusto allestimento può favorire la collaborazione e il dialogo.
Dotarsi di un’agenda. Importante è strutturare in anticipo un piano chiaro di come si svolgerà il meetup. Partire con le idee chiare riduce drasticamente i tempi di organizzazione e permette già di arrivare al meeting con vantaggio.
Ricordarsi di fare delle pause. È ideale ipotizzare almeno un break durante il mattino ed uno al pomeriggio. Le pause brevi sono estremamente efficaci per la mente e la produttività e aumentano la socializzazione informale tra i partecipanti per lo scambio di idee.
Creare maggiore livello di attenzione. Anziché vincolarsi a lunghi e noiosi ordini del giorno, è bene lavorare sul creare maggior coinvolgimento e aumentare il livello di attenzione dei partecipanti: con domande, sondaggi interattivi e confronti.
Appuntare le idee più interessanti. Per l’intera durata del meetup non bisogna dimenticare di prendere nota dei contenuti e spunti emersi. Condividere i più rilevanti a fine esperienza può fare la differenza.
Avere il giusto numero di partecipanti. Le riunioni possono perdere in qualità con l’aumentare delle dimensioni. Per organizzare al meglio è necessario conoscere a fondo le esigenze dei colleghi, a maggior ragione se gli incontri durano più giorni.
Mettere al centro la tecnologia. A supporto della riunione, è bene non dimenticare di usare la tecnologia. Sono tantissimi i tool e gli strumenti per rendere il meeting più interessante e coinvolgente per chi sta partecipando. Avvalersi di asset digitali può giocare un ruolo chiave
sia nella fase organizzativa che durante l’esperienza stessa.
Concludere bene e raccogliere feedback. È il momento di capire come è andata. La soddisfazione del team resta l’elemento più importante E per scoprire se l'iniziativa è stata utile non bisogna dimenticare di raccogliere feedback per verificare che tutti abbiano recepito quanto affrontato in riunione e siano effettivamente pronti a passare all’azione.
La ricerca del benessere