Economia

Nuovi assetti. Alitalia, gli emiri a bordo

Pietro Saccò giovedì 19 dicembre 2013
I prossimi padroni di Alitalia potrebbero arrivare da Abu Dhabi. Secondo le indiscrezioni non smentite riportate ieri dall’agenzia americana Bloomberg la compagnia Etihad si sarebbe convinta a investire 300 milioni di euro nel vettore italiano e già oggi i manager delle due società dovrebbero incontrarsi a Roma per firmare l’accordo.Erano diversi mesi che gli aerei degli emiri guardavano con interesse a quello che stava succendendo in Italia. Il nostro mercato aereo è tra i più grandi d’Europa e data la debolezza della compagnia di bandiera i vettori stranieri sanno che c’è spazio per trovare buoni affari. Come stanno facendo le compagnie low cost, che hanno soffiato ad Alitalia una bella fetta di traffico interno, ma anche i vettori più grandi. Ad esempio Fly Emirates, compagnia di Dubai rivale di Etihad, che ha inaugurato a ottobre il volo Malpensa-New York.Già un anno fa, con un’intervista sempre a Bloomberg, James Hogan, amministratore delegato di Etihad, aveva spiegato che «un’alleanza con Air France-Klm e Alitalia, combinata con quelle con Air Berlin ed Air Lingus, è abbastanza potente se poi arriva nel Golfo e quindi nel Sudest asiatico e in Australia». Il corteggiamento era ricambiato: nei mesi scorsi Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Alitalia, è andato più volte negli Emirati per tentare di convincere Eithad a entrare in una società.Dopo avere studiato a fondo i conti e la situazione dell’aumento e del piano di ristrutturazione alla fine gli arabi si sarebbero convinti a partecipare. Trecento milioni di euro sono appena più di nulla per un vettore che a novembre, alla fiera aeronautica di Dubai, ha mandato in estasi i manager di Airbus, Boeing, Ge Aviation e Rolls-Royce ordinando quasi 200 aerei e 300 motori, per un conto totale di 67 miliardi di dollari (è stato l’ordine più grande di sempre nel settore aeronautico). La forza delle compagnie aeree arabe sta da un lato nella loro capacità di avere a disposizione in patria carburante a costi irrisori e dall’altro nell’avere basi in una posizione geografica strategica, a metà tra l’Europa e l’Asia.Se l’affare si concluderà davvero, Etihad dovrebbe trovarsi ad avere una quota di Alitalia attorno al 45%. L’altro 55% sarebbe diviso tra i soci che hanno partecipato all’aumento (a partire da Intesa Sanpaolo, UniCredit e le Poste) e quelli che senza partecipare si sono tenuti le "vecchie" azioni. Compresa Air France-Klm, la cui quota dovrebbe ridursi dal 25 a circa il 7%. Pur non partecipando all’alleanza SkyTeam, quella che ha i francesi al centro, Etihad ha siglato nel 2012 un accordo di code sharing con Air France. Gli emiri dovranno restare in minoranza per lasciare ad Alitalia lo status di compagnia europea e i relativi diritti di volo. Ma per loro non sarebbe una novità: hanno mantenuto quote minoritarie in tutte le loro numerose acquisizioni, da Aer Lingus ad Air Berlin, passando per Virgin Australia, la svizzera Darwin, la serba Air Serbia e l’indiana Jet Airlines. L’obiettivo degli arabi è creare una rete internazionale per alimentare i loro voli a lungo raggio dallo scalo di Abu Dhabi.