Alimentare. La battaglia del latte a Roma: Latte Sano festeggia e pensa alla Centrale
La sede di Fattoria Latte Sano
È un latte orgogliosamente local e chi lo produce ha un sogno nel cassetto da vent'anni: rilevare la Centrale del Latte di Roma, esempio tipico (non riuscito) di certe privatizzazioni all'italiana. E così Fattoria Latte Sano ha dato inizio al suo anniversario speciale (a settembre compirà 75 anni) puntando sempre al “colpo grosso”. Quasi un approdo naturale per un’azienda che ama definirsi «artigianalmente industriale», per usare la definizione del presidente Marco Lorenzoni, erede del fondatore Enrico, che così ce la declina: «Perché abbiamo conservato una dimensione e uno stile familiare, pur aprendoci sempre più ai processi innovativi oggi necessari per un prodotto di qualità su larga scala».
Quella fra Latte Sano e la Centrale romana è come la storia di un amore respinto e forsennatamente inseguito, che ha per oggetto il business del latte fresco (quasi un unicum in Italia rispetto all’estero) che sul mercato romano, uno dei maggiori nella penisola, vale un fatturato da centinaia di milioni di euro. Fu la giunta Rutelli alla fine del millennio scorso (1998), per fare cassa, a privarsi di un’azienda simbolo per tanti romani: la storica Centrale finì per 80 miliardi di lire alla Cirio del noto Sergio Cragnotti, che era presidente anche della Lazio. Dopo un anno, cominciarono però i guai finanziari di Cragnotti, che subito se ne disfece passandola alla Parmalat di Calisto Tanzi. Fu violata così una clausola che impediva la vendita per cinque anni e così i concorrenti, a partire da Latte Sano, avviarono subito una battaglia legale durata 24 anni e passata per 36 sentenze per far annullare la gara iniziale. Nel 2007 il Tar del Lazio sancì la nullità e l’obbligo di restituire azioni e dividendi. Ma nell’Italia dove a volte diventa difficile far prevalere il diritto nulla si mosse, mentre intanto Parmalat (e quindi la Centrale) finiva ai francesi di Lactalis. Fino all’ultimo passo: a dicembre 2023, dopo un’ulteriore sentenza negativa della Corte d’Appello, i francesi hanno restituito al Campidoglio la loro quota del 75%. «Tutti i giudizi, sia amministrativi sia civili – dice oggi Lorenzoni – ci hanno dato ragione ed è solo per questo che oggi la Centrale è tornata patrimonio dei romani».
Dei cittadini romani, ma non di questa azienda, sana già dal nome, che è attiva nella campagna romana, fra la Portuense e il litorale, con tanto di laboratorio e punto vendita, e che vanta numeri di prim’ordine: con 65 milioni di litri lavorati a fine 2023 (di cui il 70% fresco), è il primo operatore di latte fresco nel Lazio e il terzo in Italia, dopo Centrale del Latte Italia e Parmalat, considerando la sua presenza sia nella grande distribuzione organizzata (Gdo) sia quella nel canale commerciale classico. Ad oggi la capacità produttiva aziendale è di 87mila litri di latte confezionati ogni ora, suddivisi fra 75mila di “fresco” e i 12mila litri di Uht e Esl in bottiglia. Grazie ai quali Latte Sano distribuisce – sottolineano i responsabili aziendali – anche in altri mercati: Toscana, Umbria, Abruzzo, Campania, Sardegna, Sicilia e parte della Puglia. Il 2022 si è chiuso con oltre 100 milioni di euro di fatturato consolidato, con una stima di un +20% nel 2023. «Da sempre – afferma Lorenzoni - il nostro prodotto fresco è un esempio di filiera corta, lavorato a pochi chilometri di distanza dalle stalle dove viene munto, nel rispetto dell'ambiente e delle proprietà organolettiche che lo caratterizzano. È l'asset in cui ancora crediamo maggiormente», precisa, conscio che quello del latte a lunga conservazione è invece un settore che vede rivali esteri ben più strutturati. Una freschezza che è garantita da 130 conferitori di latte e da una filiera che, contando su 200 automezzi refrigerati, è in grado già entro un paio d’ore dalla mungitura e dall’arrivo in Fattoria di raggiungere uno degli 8mila punti vendita forniti.
Resta da capire, tornando alla Centrale comunale, come intenderanno muoversi la giunta Gualtieri e il nuovo management. Su una cosa, però, Lorenzoni non ha dubbi: «Noi eravamo pronti all’epoca e, quindi, anche stavolta parteciperemo alla gara se il Comune di Roma deciderà di rimetterla in vendita». Si parla anche di un’alleanza con la limitrofa azienda agricola Maccarese Spa, di proprietà dei Benetton. In ogni caso, sarebbe come chiudere un cerchio per continuare a crescere. Anche al di fuori del Lazio.
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