Emporio della Solidarietà a Lecce. Un'app che sostiene le famiglie povere
Pacchi alimentari distribuiti a chi è in difficoltà
«L’emergenza Coronavirus non ci ha trovati impreparati dal punto di vista organizzativo ma siamo ormai all’emergenza alimentare, che già serpeggiava sottotraccia nei mesi scorsi, non possiamo più aspettare» queste le accorate parole di Emanuele Esposito fondatore e responsabile dell’Emporio della Solidarietà di Lecce. È una battaglia che combattiamo tutti uniti: le parrocchie, il Comune, la Provincia, la Prefettura, la Croce Rossa, la Caritas.«La nostra area di riferimento è molto vasta perchè copre ben 18 comuni dell’area leccese e di Campi Salentina e per questo stavamo mettendo a punto un’app, quella che in tempi velocissimi abbiamo fornito a tutte le famiglie che ora possono ordinare da smartphone la loro spesa senza muoversi da casa. Siamo noi che provvediamo alla consegna. Il tutto gratuitamente. Ogni anno sosteniamo 1100 famiglie ogni anno con una spesa settimanale – che ora con il coronavirus è diventata mensile – cui consegniamo in totale circa 150 tonnellate di prodotto».L’Emporio della Solidarietà di Lecce nasce nel 2009 dall’intuizione di "una famiglia" di volontari della Comunità Emmanuel impegnata da anni nell’attività di raccolta fondi a favore di interventi sociali sia in Italia che all’Estero, per rispondere alle emergenze provenienti dalle "nuove povertà", in linea con quanto già realizzato dalla Caritas Diocesana di Roma. In tempi "normali" l’Emporio della Solidarietà è un vero e proprio supermercato di 500 metri quadrati con scaffali e casse automatizzate, unico nel suo genere in tutto il Sud Italia, gestito da una rete di solidarietà di cui fanno parte istituzioni, Segretariato sociale della città di Lecce, scuole e associazioni di volontariato, Protezione Civile. Qui si riforniscono gratuitamente le (numerosissime) famiglie bisognose, un software appositamente studiato permette di monitorare tutti i servizi erogati evitando sprechi e sovrapposizioni e distribuendo in modo equo le poche risorse disponibili. «Noi lavoriamo con le assistenti sociali che abbiamo contribuito a formare – dice Esposito – perché prendere una famiglia in carico non significa solo fare un colloquio, verificare l’isee e stampare una card con il credito (in punti), ma avviare un percorso fatto di fiducia reciproca, conoscenza e sostegno per individuare le soluzioni migliori per farla uscire dalla situazione di necessità e disagio. Per questo forniamo anche sostegno psicologico e di orientamento al lavoro. Ciò di cui siamo particolarmente orgogliosi è la trasparenza di tutta la nostra filiera; in fondo noi siamo solo un tramite tra i donatori e chi riceve».