Acque minerali. Un grande affare ma non per lo Stato
Per ogni euro speso in canoni di concessione le maggiori società operanti nel settore dell'imbottigliamento delle acque minerali hanno avuto un ritorno in ricavi dalle vendite per 191,35 euro. È uno dei dati che emergono dal rapporto tematico sui beni demaniali e del patrimonio indisponibile dati in concessione, del dipartimento del Tesoro del ministero dell'Economia, dedicato allo sfruttamento delle acque minerali e termali. Dalle dichiarazioni, pervenute da circa il 90 per cento delle amministrazioni competenti (Regioni, Province ordinarie e autonome, Comuni), con riferimento al 2015, "sono state censite 295 concessioni per lo sfruttamento delle acque minerali, rilasciate a 194 concessionari, e 489 per lo sfruttamento delle acque termali, rilasciate a 418 concessionari".
Il Piemonte è la regione italiana con il maggior numero di concessioni di acque minerali attive (43, pari a circa 15 per cento del totale), mentre il Veneto e la Campania si pongono al vertice per numero di concessioni termali rilasciate (rispettivamente pari a 146 e 135, che insieme costituiscono il 57% del totale). Dal censimento del Mef emerge che lo sfruttamento delle acque minerali ha generato introiti per le Amministrazioni pubbliche pari a circa 18,4 milioni di euro, corrispondenti allo 0,68 per cento del fatturato del settore dell'imbottigliamento delle acque minerali, per l'anno 2015 pari a 2,7 miliardi di euro (dati Mineracqua su stime Bevitalia). I canoni concessori derivanti dallo sfruttamento delle acque termali, sempre nel 2015, sono stati invece pari a circa 1,7 milioni di euro, che equivalgono allo 0,1 per cento del fatturato annuo del settore (pari a 1,6 miliardi di euro, secondo il Rapporto sul settore termale 2015 di Federterme).