Gig economy. La Ue ritrova l'intesa sulla tutela dei lavoratori da piattaforma
I lavoratori delle piattaforme non possono essere licenziati dagli algoritmi e devono vedersi riconosciuto lo status di lavoratori subordinati, anziché quello di autonomi spesso fittizio. Sono alcuni aspetti dell'accordo provvisorio raggiunto da Parlamento europeo e Consiglio dell'Ue sul disegno di legge che riguarda le condizioni lavorative delle persone che operano su piattaforme. Dai rider agli autisti che si occupano della consegna di pacchi, passando per i professionisti che offronto le loro prestazioni on-line, si stima che le nuove norme riguarderanno circa 30 milioni di persone.
"La direttiva sul lavoro tramite piattaforma mira a garantire che le persone che svolgono lavoro tramite piattaforma abbiano il loro status lavorativo classificato correttamente e a correggere il lavoro autonomo fittizio. Il testo concordato introduce inoltre le prime norme dell'Ue sulla gestione algoritmica e sull'uso dell'intelligenza artificiale sul posto di lavoro", precisa il Parlamento Ue.
Le misure introducono una presunzione di rapporto di lavoro subordinato, in contrapposizione a quello di lavoro autonomo, che scatta quando ricorrano fatti indicanti controllo e direzione. Inoltre obbligano i Paesi dell'Ue a stabilire una presunzione legale di lavoro subordinato a livello nazionale, con l'obiettivo di correggere lo squilibrio di potere tra la piattaforma e la persona che svolge il lavoro sulla piattaforma. In questo contesto, l'onere della prova spetta alla piattaforma, che dovrà piattaforma dimostrare che il rapporto contrattuale non è un rapporto di lavoro subordinato.
Le nuove norme assicurano che una persona che svolge il lavoro sulla piattaforma non possa essere licenziata o allontanata sulla base di una decisione presa da un algoritmo o da un sistema decisionale automatizzato. Le piattaforme devono invece garantire una supervisione umana sulle decisioni importanti che riguardano direttamente le persone che svolgono il lavoro sulla piattaforma. La direttiva introduce norme più strette nel campo della protezione dei dati, in quanto alle piattaforme sarà vietato trattare alcuni tipi di dati personali, come quelli relativi alle convinzioni personali e agli scambi privati con i colleghi. Infine, le norme impongono alle piattaforme di informare i lavoratori e i loro rappresentanti su come funzionano i loro algoritmi e le piattaforme dovranno anche trasmettere alle autorità nazionali e alle organizzazioni di rappresentanza, come i sindacati, le informazioni sui lavoratori autonomi che impiegano.
L'accordo arriva dopo uno stop subito lo scorso 22 dicembre quando, al momento della ratifica finale, i Paesi Ue non hanno trovato la maggioranza necessaria a procedere. Il dossier, sul quale un nutrito gruppo di capitali guidato da Parigi aveva espresso riserve nonostante una prima intesa politica, è dunque ritornato al tavolo dei negoziati sotto l'egida della presidenza di turno Ue. Oggi infine la fumata bianca."Abbiamo fatto bene a negoziare fino all'ultimo. Grazie a questo accordo è stata assicurata la protezione sociale dei lavoratori e la correzione dei falsi autonomi, molto frequenti anche tra i riders" sottolinea in una nota Elisabetta Gualmini, europarlamentare del Partito democratico e relatrice della direttiva per il parlamento europeo. "C'è una regolamentazione orizzontale e comune per tutti i paesi europei per la prima volta al mondo sulla gig economy. E' un grande risultato. Ora speriamo che gli stati membri non voltino la faccia a 30 milioni di lavoratori tra i più vulnerabili in Europa e nel mondo", conclude Gualmini.