Economia

INDUSTRIA PESANTE. La crisi non piega l'acciaio Nel 2010 crescita del 38%

Giuseppe Matarazzo martedì 24 agosto 2010
Cento anni fa nasceva il primo stabilimento siderurgico italiano a ciclo integrale a Bagnoli, un punto di svolta per lo sviluppo e la modernizzazione del comparto siderurgico nazionale che ha aperto un percorso di crescita e di affermazione del settore a livello mondiale. Ma lo scorso anno quello che sembrava un settore inossidabile, ha risentito non poco della crisi mondiale. Il 2009 per la siderurgia è stato un "annus horribilis": la produzione mondiale di acciaio è stata di 1,19 miliardi di tonnellate, con un calo dell’8,1% sul 2008. Una situazione che ha avuto un impatto sull’occupazione, con circa 25mila su 65mila addetti interessati dagli ammortizzatori sociali. Ciò ha significato grandi sforzi da parte delle aziende per non scaricare sui lavoratori. Ma «il peggio può dirsi passato», secondo Federacciai. Oggi il settore torna a respirare e si parla di «ripresina». L’inversione di rotta è chiara: nei primi cinque mesi del 2010, la produzione italiana di acciaio è cresciuta mediamente del 37,8% rispetto allo stesso periodo del 2009. Con punte più alte in alcuni prodotti: i piani (+69%), mentre sui prodotti lunghi la crescita è stata solamente dell’8,7%. Ancora in difficoltà alcuni prodotti tipici della nostra siderurgia: dal tondo per cemento armato (-21,8%), ai larghi piatti (-18,2%), alle lamiere da treno (-4,5%). Il presidente della federazione aderente a Confindustria, Giuseppe Pasini, per il 2010 stima una produzione intorno ai 25 milioni di tonnellate, in recupero rispetto ai 19,8 milioni di un anno fa, «ma ancora distante dai livelli pre-crisi: nel 2008 erano stati prodotti circa 30,5 milioni di tonnellate».Due problemi preoccupano non poco le imprese siderurgiche italiane: l’inarrestabile e incontrollabile ascesa del prezzo delle materie prime da cui le imprese dipendono, il differenziale dei costi di produzione energetica e la crescita dei concorrenti europei. La produzione europea (Ue a 27 Paesi) è cresciuta mediamente del 37% (fino a 42,1 milioni di tonnellate di acciaio); in particolare, la Germania ha incrementato la produzione del 49%, la Spagna del 37%, e ci sono punte di crescita che vanno oltre il 40%, come ad esempio in Austria e Olanda. Locomotiva del settore a livello mondiale restano Cina e India (gli unici due Paesi che nel 2009 avevano mostrato una crescita significativa) con incrementi nel primo trimestre rispettivamente del 24,5% e del 13%.Accanto ad aziende che provano a crescere restano fronti caldi. Come la crisi della Lucchini di Piombino con 4 mila famiglie a rischio. E tante realtà più piccole come la Vianello Inox di Portoviro: nelle scorse settimane ha cessato le produzioni, lasciando a casa i propri 25 dipendenti, che hanno ottenuto la cassa integrazione straordinaria in attesa di un nuovo proprietario. Ma a prevalere oggi, nel complesso, è la fiducia in un orizzonte più roseo. «Negli ultimi anni abbiamo vissuto fasi alterne. Siamo passati dai durissimi anni 90, a periodi più positivi, dal 2004 al 2008, alla caduta del 2009 – conclude Pasini –. Eppure, non abbiamo mai perso entusiasmo e non abbiamo mai abbandonato un settore, quello dell’acciaio, spesso e a torto considerato obsoleto. Se cento anni fa nasceva il primo impianto siderurgico integrale, e oggi siamo ben consapevoli che l’acciaio continuerà per molti altri secoli a segnare le tappe dello sviluppo e del progresso del nostro pianeta, questo sviluppo e questo progresso non potranno che essere sempre più all’insegna della sostenibilità, del rispetto dell’uomo e dell’ambiente».