Idee. Il pianeta e la "buona vita" che non viviamo; un'etica globale per le "policrisi
Il pianeta Terra
Il mondo di oggi è caratterizzato da una complessità crescente. Povertà in mezzo all’abbondanza, disuguaglianze sociali estreme, catastrofi ambientali e guerre diffuse sono solo alcune delle sfide che ci troviamo ad affrontare. Queste crisi, a volte definite come “policrisi”, ci mostrano chiaramente che il nostro mondo non sta vivendo la “buona vita” che auspichiamo.
L'arrivo di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha ulteriormente amplificato queste sfide, iniettando nel sistema globale una dose di imprevedibilità e instabilità. Le sue politiche, spesso guidate da un'aggressiva retorica nazionalista e da un'esaltazione del profitto individuale, hanno minato la cooperazione internazionale, alimentato le tensioni geopolitiche e ostacolato la ricerca di soluzioni comuni alle grandi sfide del nostro tempo.
Sono convinto che una delle ragioni principali di questa situazione sia la mancanza di una visione etica condivisa, una chiara comprensione di ciò che è giusto e sbagliato fare nel mondo di oggi. Questa mancanza di etica si riflette sia nel comportamento individuale che, soprattutto, in quello dei governi, sia nei confronti dei propri cittadini che delle altre nazioni. Ritengo quindi necessaria una nuova etica globale, un'etica appropriata al nostro tempo. Ma da dove possiamo trarre ispirazione per questa nuova etica? Un punto di partenza interessante è rappresentato dagli insegnamenti sociali della Chiesa cattolica, una tradizione ricca e profonda che affonda le sue radici nel Vangelo e che si è sviluppata nel corso dei secoli.
L’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII, scritta nel 1891, rappresenta un momento fondamentale in questa tradizione. Il Papa, di fronte ai profondi cambiamenti sociali portati dall’industrializzazione, sentì la necessità di offrire una guida morale alla Chiesa e alla società. Per farlo, si ispirò al pensiero di Tommaso d'Aquino e alla sua Summa Theologiae, un'opera che, a sua volta, rappresentava una sintesi tra la filosofia aristotelica e la teologia cristiana. L'approccio di Tommaso d'Aquino, che integra la filosofia pratica di Aristotele con la dimensione teologica cristiana, offre spunti preziosi per la costruzione di un'etica per il nostro tempo.
La visione aristotelica, con la sua enfasi sulla “eudaimonia” - la “buona vita” - e sull’importanza di sviluppare virtù come la moderazione, la generosità e il coraggio, ci ricorda che la felicità non deriva dalla semplice accumulazione di ricchezza, ma dalla capacità di vivere una vita piena di significato e di contribuire al bene comune. Tuttavia, l'etica aristotelica, pur ricca di spunti, necessita di essere reinterpretata alla luce delle nuove sfide del nostro tempo. Dobbiamo sviluppare una nuova etica globale che tenga conto della crisi ecologica, delle nuove tecnologie, dell'interdipendenza planetaria e della nostra responsabilità verso le generazioni future. Un esempio di questa nuova etica è offerto dall'enciclica Pacem in Terris di papa Giovanni XXIII, scritta nel 1963. In essa, il Papa sottolinea la necessità di un comportamento morale da parte dei governi, un'idea che si scontra con la visione realista della politica internazionale, basata sulla competizione e sul conflitto. Oltre alla dottrina sociale della chiesa, un'altra fonte di ispirazione per la costruzione di una nuova etica è rappresentata dall'Economia civile.
Questa tradizione, che affonda le sue radici nel pensiero di Antonio Genovesi, contemporaneo di Adam Smith, offre una visione dell'economia basata sulle relazioni e sulla reciprocità, e non solo sul profitto individuale. L'economia civile ci ricorda che le imprese hanno una responsabilità sociale e che il loro obiettivo non dovrebbe essere solo la massimizzazione del profitto, ma anche la creazione di valore per la società. Un esempio concreto di questa visione è rappresentato dalle B Corp, aziende che integrano nel loro statuto la responsabilità sociale e ambientale.
Apprezzo l'Economia civile come un'idea molto importante, il luogo da cui trarre l'etica di cui abbiamo bisogno. Apprezzo anche il confucianesimo, che sto iniziando a studiare e comprendere sempre meglio, perché Confucio aveva molte idee incentrate sull'armonia nella società e su come vivere pacificamente gli uni con gli altri. E mi sembra che le idee del confucianesimo abbiano effettivamente condotto a lunghi periodi di pace nell'Asia orientale, o per meglio dire abbiano contribuito a lunghi periodi di pace in quella regione. La Cina è stata molto meno belligerante dell'Europa per centinaia e centinaia di anni. È un fatto molto interessante. E penso che il confucianesimo abbia probabilmente giocato un ruolo in questo. Per costruire una nuova etica globale, dobbiamo imparare a superare i confini nazionali e riconoscere la nostra comune umanità.
Un primo passo in questa direzione è stata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, redatta sotto la guida di Eleanor Roosevelt, grande leader americana e moglie del presidente Franklin Roosevelt. Pur non essendo perfetta né del tutto universale, essa ha comunque integrato prospettive diffuse, incluse quelle cinesi e indiane, e ha ripreso molti principi cristiani, risultando un documento eticamente diversificato e significativo per il suo tempo. Oggi, potremmo ispirarci a quell'impresa per creare un'etica globale più inclusiva e rappresentativa, non solo come esercizio di definizione di valori condivisi, ma come vera e propria guida per affrontare il futuro fondandoci sulla nostra natura umana comune. Dobbiamo superare le divisioni e i conflitti che ci separano e lavorare insieme per creare un futuro migliore per tutti. La sfida è grande, ma la posta in gioco è altissima. Perché oggi dalla nostra capacità di sviluppare una nuova etica globale dipende la nostra sopravvivenza come specie.
Questo testo è la sintesi dell’intervento che Jeffrey Sachs ha tenuto lunedì 11 novembre all’Università Lumsa di Roma per il corso di Economia Comportamentale tenuto dal prof. Matteo Rizzolli