Il ruolo dei social. Like e retweet sono armi e punizioni. E le donne vittime
Vincenzo Ambriola
Meccanismi apparentemente innocui come i like e i retweet, pensati per usi virtuosi, hanno finito per dare spazio e, addirittura, incoraggiare gli usi malevoli, scatenando gli istinti peggiori: sempre meno espressioni di preferenze, sempre più premi e punizioni inferti con la logica del branco». Parole dure, di Franco Bernabè e Massimo Gaggi nel recente saggio Profeti, oligarchi e spie. Il branco, questa entità amorfa che davanti a uno schermo, e con una tastiera, colpisce indistintamente coloro che non si adeguano alle sue regole, ai suoi schemi. Negli anni bui dello schiavismo americano, erano i membri del Ku Klux Klan che, incappucciati, linciavano innocenti uomini di colore. Adesso li chiamiamo “leoni della tastiera” offendendo i nobili leoni, che uccidono per nutrirsi e non per ideologia.
Gli strumenti a disposizione del branco sono le reti sociali, in tutte le declinazioni tecnologiche possibili. Luoghi controllati da aziende guidate dal profitto, che rigettano qualsiasi assunzione di responsabilità sui contenuti pubblicati al loro interno. Luoghi rigidamente soggetti ad algoritmi che stabiliscono le priorità da dare ai contenuti, che invitano gli utenti a marcare i messaggi che piacciono, per alimentare un ciclo vizioso in cui tutto diventa uguale, uniforme, piatto.
Il branco ha bisogno delle sue vittime, possibilmente indifese, meglio se diverse. Se poi il branco è guidato da un capo, da qualcuno che detiene una qualsiasi forma di potere, allora le vittime non sono più scelte a caso, ma indicate proprio da lui. Ho scritto “lui” perché quasi sempre si tratta di un uomo. Ho scritto “vittime” perché spesso sono donne, innocentemente colpevoli di non appartenere al genere dominante.
La violenza sulle donne non è una novità, così come non lo è la guerra. La violenza tecnologica, quella amplificata dall’intelligenza artificiale, ne è la versione moderna, efficiente, ottimizzata, mirata. Una tecnologia nata per migliorare le condizioni di vita dell’umanità, per liberare energie creative spezzando le ultime catene dei lavori ripetitivi e alienanti, si è trasformata in uno strumento perverso.
Nel 1955, poco prima di morire, John von Neumann si chiese se possiamo sopravvivere alla tecnologia. Aveva negli occhi l’abbagliante esplosione delle bombe atomiche e nel cuore e nella mente il terrore dell’apocalisse. Eppure non dubitava del valore positivo della sviluppo tecnologico, affermando l’impossibilità di fermare il progresso e la necessità di piegarlo a favore dell’umanità. Adesso tocca all’intelligenza artificiale, che non può enon deve essere proibita ma usata in senso positivo. Sapranno le donne sfruttare questa grande opportunità? Sapranno combattere il branco usando le sue stesse armi? Al loro fianco si sono già schierati i governi europei, per affermare che nel mondo digitale i leoni non possono più colpire impunemente.