Appello. Maria Bashir: il mondo non taccia sui diritti violati, più sanzioni ai taleban
Maria Bashir
Sanzioni ai taleban e corsi online in inglese per le ragazze afghane rimaste senza istruzione. Se si potesse riassumere un dialogo di due ore in poche righe, la sintesi sarebbe questa. È stata Maria Bashir, prima procuratrice generale donna dell'Afghanistan "libero" e ora rifugiata tra Germania e Italia, a lanciare un forte appello al mondo perché inasprisca l'isolamento dei capi integralisti che dall'agosto 2021 tengono sotto scacco un intero popolo. Bashir, cittadina italiana grazie all'intervento dell'allora ministra Marta Cartabia, ha partecipato a un seminario sulla condizioni femminile in Afghanistan, ospite dell'Università del Salento e in particolare della professoressa Anna Cherubini.
La giurista afghana, che nel ventennio del governo filo-occidentale aveva combattuto la corruzione e la violenza alle donne, con 400 casi portati in tribunale ogni anno e i tre figli cresciuti lontani da lei per ragioni di sicurezza, ha espresso grande tristezza per il destino delle sue connazionali rimaste in patria. «Le donne stavano iniziando a emanciparsi, lavoravano in molti campi: erano avvocate, docenti, dottoresse, artiste, poliziotte, militari, amministratrici, imprenditrici. Eravamo felicissime. I Paesi democratici erano lì per aiutarci a migliorare il nostro Paese. Poi un gioco politico ha cambiato tutto, e i taleban si sono riappropriati del Paese. Milioni di persone sono prigioniere di un gruppo di terroristi. le ragazze non possono studiare, le donne non possono lavorare».
Dieci Paesi, a tutt'oggi, riconoscono il regime dei taleban: dalla Russia alla Cina, passando per l'Iran e il Pakistan. Milioni di dollari arrivano periodicamente all'Afghanistan, ufficialmente per aiuti, ma poi, denuncia Maria Bashir, finiscono nelle tasche dei taleban. «Sono necessarie sanzioni più stringenti: alcuni governatori provinciali hanno il divieto di uscire dal Paese, ma noi sappiamo che viaggiano indisturbati nei Paesi amici. Tutto il mondo deve avere una una voce sola».
La professoressa Cherubini, insieme al collega di Padova Carlo Mariconda hanno proposto un progetto: estendere alle studentesse afghane i corsi online in inglese offerte dalle università italiane. La connessione internet, anche se a singhiozzo e fortemente limitata, esiste, e ai taleban interessa principalmente che le ragazze stiano nelle loro case. C'è un ostacolo burocratico da superare: il riconoscimento degli esami sostenuti, un nodo che solo il ministero dell'Università può risolvere.
«Il riconoscimento degli esami è un elemento fondamentale perché permetterebbe alle studentesse di ottenere un titolo riconosciuto, forte leva per creare opportunità di lavoro in remoto - commenta Livia Maurizi, programme coordinator di Nove, onlus già impegnata su questo fronte.
L'iniziativa è stata salutata con grande interesse da Maria Bashir, che in Italia è impegnata in un progetto di mediazione culturale per le esuli afghane con la Comunità di Sant'Egidio. Il pensiero va a quando, un domani, i taleban saranno sconfitti dalla storia e le donne torneranno a riprendersi i loro spazi.