Afghanistan. Madina, da profuga a mediatrice: «L'istruzione ci libererà»
Un ritratto di Madina
Aveva sei anni quando nel 2001 le truppe della Nato e degli Stati Uniti entrarono nel suo Paese e i taleban batterono in ritirata. Sei anni, ma già sua mamma la faceva studiare, clandestinamente, nascondendo i libri nel Corano. Madina Hassani entra nell’appartamento romano della mediatrice culturale della onlus Nove Roma che continua a sostenere progetti per la popolazione afflitta dal ritorno dei taleban e ci racconta la sua storia. Il suo sorriso caldo rivela forza, tenacia, generosità, qualità per le quali anche lei oggi è mediatrice nella stessa associazione. I colori della sua sciarpa, che all’occorrenza può coprire il capo o riparare dal freddo, rivelano la gioia e la voglia di vivere della ragazza di 27 anni, hazara (minoranza violentemente perseguitata in Afghanistan), fuggita da Kabul «al terzo tentativo», sei giorni dopo la ripresa del potere da parte degli “studenti coranici”. Della sua infanzia, quando ancora c’era il regime, ha sentito per lo più i racconti della mamma. Madina ricorda la scuola a Kabul, poi l’università, da ragazza libera, con la voglia di imparare e di mettere a frutto le sue conoscenze, la sua vita da adolescente, tanti amici, compagni di studio, le uscite al bar, i sogni e i progetti. La laurea in Scienze sociali e il lavoro, come insegnante di inglese, prima in una scuola, poi per Nove Onlus (l’associazione non profit si occupa di cooperazione allo sviluppo, con diversi progetti a sostegno di donne, bambini e disabili) come coordinatrice del centro femminile WiBH.