Vite donate. L'addio di Imola a don Luca Dalfiume: «Il santo? Un vero uomo»
Don Luca Dalfiume
Della chiesa di San Pio a Imola don Luca Dalfiume ha visto posare la prima pietra, vi ha celebrato la prima Messa quando è stata aperta al culto. Martedì 23 agosto la chiesa era gremita per dare l'ultimo saluto al parroco di San Francesco in Torano e vicario pastorale della città di Imola, strappato alla vita terrena all'età di 61 anni dopo una lunga lotta contro la malattia. Un rito funebre intenso e partecipato, alla presenza del vescovo Giovanni Mosciatti, del suo predecessore Tommaso Ghirelli e dell’emerito di Carpi Francesco Cavina.
Don Luca era stato ordinato sacerdote il 21 dicembre 1985 dal vescovo Luigi Dardani dopo avere svolto il ministero diaconale a Massa Lombarda. Il 1° giugno 1992 il vescovo Giuseppe Fabiani aveva firmato la sua nomina a parroco di San Francesco in Torano. Per 30 anni sarebbe stato la guida pastorale di una parrocchia viva, di una comunità parrocchiale attiva. Basti pensare al rapporto con i giovani o agli incontri dei Quaresimali, con tante personalità che hanno portato a San Pio la loro testimonianza di fede vissuta (tra gli altri Roberto Vecchioni, Francesco Giorgino, il cardinale Zuppi).
«Il santo è un uomo»: quel titolo del capitolo di un libro era stato una folgorazione per don Luca Dalfiume – ricorda don Paolo Ravaglia, incaricato dallo stesso don Luca di scrivere l'omelia funebre –. Me lo raccontò proprio lui. Dentro c'era scritto: "Il santo è un vero uomo perché aderisce a Dio (...) dentro una umanità che rimane tale e pur diventa diversa". Di questa umanità don Luca ha fatto la cifra essenziale del suo sacerdozio».
La sua scomparsa ha provocato profonda tristezza in Diocesi, nel presbiterio imolese e in città, a dimostrazione dell'amore, dell'affetto dato e ricevuto da don Luca.