Vite donate. Covid, il sacrificio dei sacerdoti: un libro per ricordarli
L'immagine sulla copertina del libro
Dare la vita per il popolo al quale si è affidati. Steso sul nudo suolo, ogni sacerdote nel giorno dell’ordinazione la contempla come una necessità: ci si fa preti per questo. Ma può capitare che un sacerdote la vita venga chiamato a darla come il proprio popolo. È ciò che sta succedendo da un anno: il clero della nostra Chiesa è a tal punto unito alla gente da condividerne i destini tribolati, e a volte la stessa sofferenza fisica, sino alla morte. Il virus non ha considerato parrocchie e canoniche territorio “Covid-free”: lo spendersi dei nostri sacerdoti nella relazione con tutti spesso gli ha – anzi – spalancato la porta. In questo contagio non c’è stata però leggerezza: solo fedeltà all’impegno assunto quel giorno, la fronte a terra.
È un documentatissimo viaggio dentro una promessa mantenuta il denso libro nel quale Riccardo Benotti, giornalista dell’agenzia Sir, ha raccolto le storie di decine di sacerdoti italiani che il virus ha strappato alla loro comunità dove ancora servivano nel pieno delle forze, oppure ha piegato nel tratto conclusivo di esistenze interamente spese per gli altri, o – ancora – si è portato via in case del clero o residenze protette, già anziani e malati d’altro. Nelle pagine del suo «Covid-19: preti in prima linea. Storie stra-ordinarie di chi ha dato la vita e di chi non si è arreso» (San Paolo, 464 pagine, 20 euro) Benotti compie un’opera di giustizia: salvare la memoria di 206 preti diocesani morti per coronavirus dall’inizio della pandemia al 30 novembre 2020. Già la contabilità in questa seconda ondata senza fine sta portando il totale verso le 250 vittime, ma più dei numeri conta sapersi fermare: chi muore ha un nome, un volto, una storia. È quel che il libro invita a fare, in rapide schede biografiche dedicate a ciascun sacerdote, come in un gesto di gratitudine, l’invito a una preghiera, con la ricostruzione del sacrificio richiesto a un terzo delle diocesi.
Il tono sobrio e diretto di Benotti ritaglia figure di preti come tanti – alcuni, per la verità, davvero eccezionali – spesso dediti alla stessa piccola comunità per tutta la vita, sorridenti e tenaci, burberi o ascetici, costruttori di strutture (a volte persino quartieri) e relazioni umane. La verità delle loro esistenze è rafforzata dalla felice scelta di proporre – in premessa del volume – la vicenda e la voce di quattro sacerdoti che si stanno prodigando dal primo giorno della pandemia accanto alla loro comunità: il cappellano del carcere di San Vittore a Milano don Marco Recalcati, quello dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino don Luca Cappiello, il parroco di San Paolo della Croce a Roma don Roberto Cassano e il presidente dell’Opera diocesana assistenza di Firenze don Fabio Marella. Una sezione è anche dedicata ai profili di alcuni sacerdoti che hanno lasciato un'impronta particolarmente significativa, come don Vincenzo Rini, tra le prime vittime del Covid, a lungo presidente della Federazione italiana settimanali cattolici.
«Nel tempo della pandemia – scrive il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella presentazione – i sacerdoti hanno davvero espresso il volto bello della Chiesa amica, che si prende cura del prossimo. Hanno donato un esempio autentico di solidarietà con tutti. Sono stati l’immagine viva del Buon Samaritano, contribuendo non poco a rendere credibile la Chiesa». «Le storie di questi “santi della porta accanto” che hanno donato la vita per i fratelli – aggiunge nella sua prefazione il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per Roma – ci aiutino a riconoscere nell’amore e nel servizio al prossimo la vocazione fondamentale della nostra esistenza». Un merito non da poco, per un libro.