Il caso. Viganò insiste contro il Papa, gli episcopati rispondono
(foto Osservatore Romano)
Sul caso dello “sporporato” McCarrick è affiorata in questi giorni una fila di video, fotografie, articoli e comunicati che mostrano la grande libertà di azione di cui ha goduto l’ex arcivescovo di Washington negli anni precedenti l’attuale pontificato. Il materiale documentale in questione mostra inequivocabilmente come, oltre a incontrare in Vaticano tre volte Benedetto XVI, l’ex cardinale – accusato di abusi e comportamenti gravemente immorali e al quale l’attuale Papa, con un’azione senza precedenti, il 27 luglio ha tolto d’imperio la berretta cardinalizia – abbia celebrato in San Pietro, ordinato diaconi a fianco dell’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede William Levada e ricevuto anche congratulazioni pubbliche da parte di monsignor Carlo Maria Viganò durante una cena di gala a Manhattan nel 2012. Apprezzamenti dunque proprio da quello stesso ex nunzio che, come è noto, con il suo “comunicato” di domenica scorsa ha chiesto a gran voce le dimissioni di papa Francesco per presunte coperture accordate all’ex cardinale statunitense, a suo dire già colpito da sanzioni da parte di papa Benedetto XVI.
Messo di fronte a questo materiale Viganò ha ritenuto di replicare. E lo ha fatto nelle ultime ore con un intervento di suo pugno nel quale muove nuove accuse a Francesco di aver «voluto nascondere l’udienza privata con la prima cittadina americana condannata e imprigionata per obiezione di coscienza», Kim Davis: un episodio interpretato strumentalmente, che dalla semplice lettura della denuncia risulta enfatizzato e distorto.
Ma l’ex nunzio non si ferma qui e in un’intervista a LifeSiteNews, sito americano ultraconservatore, interviene sul video del Catholic News Service (Cns) che mostra McCarrick durante una visita ad limina a Roma nel gennaio 2012 e l’incontro con papa Ratzinger nella quale il comportamento di pieno agio del cardinale sembra quello di chi non avesse ricevuto alcuna sanzione. «Ma lei – dice Viganò – riesce a immaginare papa Benedetto così mite che chiede al cardinale: “Cosa stai facendo qui?”». Per l’ex diplomatico semplicemente McCarrick in quell’occasione non stava obbedendo alle restrizioni imposte. E la spiegazione che fornisce è che papa Ratzinger probabilmente non voleva umiliare pubblicamente il cardinale molestatore anche perché era già pensionato.
Viene quindi il turno di un altro video che mostra Viganò all’incontro delle Pontificie Opere Missionarie in perfetta armonia insieme a McCarrick. L’ex nunzio, dopo aver spiegato che non aveva potuto rinunciare a quell’evento, risponde: «Non potevo certo dire: “Cosa stai facendo qui?”. Nessuno sapeva delle sanzioni, erano sanzioni comunicate all’interessato in modo privato». McCarrick, dunque, non soltanto non sarebbe stato tenuto a informare nessuno di queste presunte restrizioni ma non ne tenne affatto conto continuando a mantenere il suo abituale profilo pubblico.
In sostanza l’ex nunzio ha dichiarato di aver avuto le mani legate perché non era lui ad avere la responsabilità di far rispettare queste sanzioni, in quanto personali e «segrete», e ha riconosciuto che McCarrick effettivamente, come è lampante, «non obbedì» a queste, mai comunque tramutate operativamente in provvedimenti pubblici, come invece quelli comminati da papa Francesco che lo sono stati immediatamente, perché tutti sapessero che l’anziano cardinale era stato sanzionato dopo l’emergere di una fondata denuncia di abuso su un minore. Quale sarebbe allora la considerazione e il peso da attribuire a queste supposte sanzioni che papa Ratzinger avrebbe comminato al cardinale e sulle quali Viganò insiste ma che non ottennero alcun effetto, dato che McCarrick continuò a viaggiare e a presiedere celebrazioni? Anche questa nuova intervista costituisce un ulteriore elemento che fa emergere la strumentalità dell’operazione e aumenta le riserve sull’intera vicenda.
Intanto l’attuale arcivescovo di Washington, il cardinale Donald Wuerl – a sua volta accusato da Viganò di aver coperto il suo predecessore –, in una lettera al clero della diocesi chiede perdono per i suoi «errori di giudizio». Mentre affronta la pressione dell’opinione pubblica, il porporato chiede ai preti di comunicare ai parrocchiani durante la Messa festiva di oggi che condivide «il loro dolore per gli abusi sessuali su minori da parte di sacerdoti e degli insabbiamenti da parte dei vescovi». «Darei qualsiasi cosa per fare in modo che la Chiesa faccia tutto nel modo giusto – scrive Wuerl – ma mi unisco a loro nel dolore per tutto quello che è successo».
L’eco delle accuse dell’ex nunzio negli Usa ha spinto le conferenze episcopali di tre Paesi a dare sostegno a papa Francesco con lettere e messaggi. La Conferenza episcopale spagnola ha diffuso una dichiarazione sul suo sito web. «Chiediamo al Signore di continuare a sostenerti nelle battaglie quotidiane» è scritto nella lettera inviata dal cardinale Ricardo Blazquez di Valladolid, presidente della Conferenza episcopale spagnola a nome di tutti i vescovi. Un’altra dichiarazione arriva dall’Argentina, con la Conferenza episcopale che definisce «spietati» gli attacchi contro il Pontefice e gli esprime «fraterna e filiale» vicinanza. Anche i vescovi del Perù manifestano il loro sostegno per il modo coraggioso e risoluto mostrato dal Papa al timone della barca di Pietro «di fronte ai tentativi di destabilizzare la Chiesa», perché è «Colui che sostiene la roccia sulla quale ha costruito la sua Chiesa – scrivono in una lettera – che continuerà a spingerci in avanti, in modo che pieni di speranza continueremo a lavorare con maggiore energia al servizio del popolo di Dio».