La storia. Vedovo e genitore, diventa sacerdote
L’abbraccio tra il nuovo sacerdote e il vescovo Savino. Siciliano d’origine ma calabrese d’adozione, già capostazione, ha perso la moglie per malattia nel 2013. Nel suo percorso di servizio e formazione anche il diaconato permanente
La gioia del diaconato permanente l’aveva condivisa con la moglie Rita, come ogni altra scelta della loro vita di coppia. L’ultimo passo, l’ordinazione presbiterale, l’ha mosso da solo perché la compagna di vita non è più in questo mondo, portata via da un tumore nel giugno 2013. Un male incurabile che non ha scalfito il loro amore, cementato da due meravigliose figlie, Teresa e Marialucia, e ora da nipoti che danno calore alla vita di Giovanni Lattuca, 66 anni, siciliano d’origine ma ormai da tempo calabrese di adozione.
Nato ad Aragona, in provincia di Agrigento, il lavoro di capo-stazione l’ha portato a Montegiordano, borgo affacciato sullo Jonio cosentino.
«La vita è tutto un cammino di trasfigurazione, e tu, caro Giovanni, che oggi all’età di sessantasei anni diventi presbitero, comprendi bene il senso della metamorfosi della tua esistenza. Ti esorto a vivere con gioia la triplice fedeltà a Cristo e alla Chiesa, al presbiterio e alla tua famiglia. Rimani sempre nell’amore di Cristo», ha sottolineato il vescovo di Cassano all’Jonio, Francesco Savino, nell’omelia per l’ordinazione di don Giovanni nella Cattedrale, nel giorno dedicato alla Trasfigurazione. La chiusura d’un cerchio rimasto aperto quando il neo sacerdote, adolescente, decise di lasciare il seminario di Palermo. «Ritengo di aver trascorso serenamente la mia fanciullezza – racconta sulla vita in Sicilia – guidato da papà Pietro e da mamma Maria, e pur avendo vissuto lontano da casa sin dalla giovinezza, di entrambi serbo la fervente devozione e l’assidua partecipazione all’Eucaristia domenicale nonostante i disagi affrontati, vivendo in campagna, per raggiungere la chiesa distante circa cinque chilometri. Credo pertanto che il loro esempio abbia alimentato in me il desiderio che lentamente ha iniziato a maturare e dal quale è scaturita la scelta di entrare nel seminario di Palermo nell’autunno del 1966, nella Congregazione di san Vincenzo de’ Paoli». Anzitutto a quell’età i dubbi dominano sulle certezze.
Così Giovanni, «senza una specifica motivazione, senza alcuna causa scatenante o pressioni da parte dei superiori o da parte dei direttori spirituali, ma solo per mia libera scelta, decisi di abbandonare gli studi in Seminario», ricorda quasi con rammarico. Dopo il diploma da ragioniere, vari lavoretti sino al concorso per capostazione che vinse e lo portò a Montegiordano dove conobbe la donna della sua vita, sposandola nel 1982 e vivendo in simbiosi sino al 2013. «La sua perdita, umanamente parlando, aveva lasciato un grande vuoto; ringraziando sempre Dio che mia ha dato la forza a me e alle mie figlie di ritrovare la strada del giusto cammino, del giusto equilibrio per non cadere nella disperazione e nella depressione». L’ha aiutato molto l’impegno in parrocchia, nel gruppo di preghiera di Padre Pio e come catechista. Quindi la gioia del diaconato permanente. Giovanni ha un cuore grande, quanto la sua fede. Dalla morte della moglie cura la suocera anziana e il cognato malato. Ci tiene a ringraziare ancora una volta il vescovo Savino «per la fiducia accordatami. Prego lo Spirito Santo affinché posi la sua mano su di me e non l’allontani mai», conclude col sorriso che è un suo tratto caratteristico.