Vaticano-Cina. Sulla nomina dei vescovi verso un prolungamento dell'accordo
Fedeli cinesi durante una celebrazione eucaristica
Ottimismo riguardo al rinnovo dell’accordo sino-vaticano e impegno - anche in collaborazione con l’Italia - per la ricostruzione, non solo economica, del martoriato Libano. Li ha manifestati il cardinale segretario di stato Pietro Parolin, affrontando anche anche altri temi come la Bielorussia, il Covid e l’imminente referendum sul taglio dei parlamentari.
Il più stretto collaboratore di papa Francesco ha parlato con alcuni giornalisti a margine di un Convegno promosso dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, presente anche il premier Giuseppe Conte, sulla figura del cardinale Achille Silvestrini, scomparso un anno fa. Parolin lo ha ricordato come un «sottile interprete» della Ostpolitik nei confronti dei Paesi del blocco sovietico, che è riuscito a portare avanti il suo lavoro diplomatico «con determinazione » anche a fronte di «colloqui dal successo ridotto o addirittura infruttiferi».
Riguardo all’accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi con Pechino, firmato il 22 settembre 2018, Parolin ha spiegato che «non è ancora spirato», perché «durante il mese di ottobre scadranno i due anni dal momento in cui è entrato in vigore». Alla domanda se ci siano buone prospettive per il rinnovo, ha aggiunto: «Sì, credo proprio di sì, la nostra intenzione è che sia prolungato, che si continui ad adottarlo ad experimentum, come è stato fatto in questi primi due anni, in modo da verificarne ulteriormente l’utilità per la Chiesa in Cina». Alla richiesta se ci sia la stessa intenzione anche da parte cinese, la risposta è stata: «Penso e spero di sì. Anche se questi primi risultati non sono stati eclatanti mi pare che si è segnata una direzione che vale la pena di continuare, poi si vedrà». «In ogni epoca storica », ha poi specificato Parolin, «dobbiamo cercare tutti gli spazi e tutte le possibilità che ci sono offerti anche nei confronti di questo grande Paese per collaborare insieme».
Con la Cina, ha infine rimarcato, «il nostro interesse attuale è quello di normalizzare il più possibile la vita della Chiesa, di far sì che la Chiesa possa vivere una vita normale che per la Chiesa cattolica è anche avere relazioni con la Santa Sede e col Papa, e di cercare che ci sia unità nella Chiesa. Poi naturalmente tutto questo anche in uno sfondo di pacifica convivenza, di ricerca della pace e di superamento delle tensioni che ci sono oggi in maniera abbastanza forte anche nei confronti della Cina e di altri Paesi. Però la nostra prospettiva è su questo tema ecclesiastico».
Il Libano è stato al centro del breve colloquio privato avuto con il premier prima dell’inizio del Convegno. «Abbiamo discusso - ha raccontato Parolin - di che cosa si può fare, di quale collaborazione si può stabilire in favore del Libano che in questo momento si trova davvero in una situazione di grande sofferenza e di grande instabilità. Non si tratta solo aiuti economici. Certamente c’è tutto l’aspetto di ricostruzione del Libano, dopo la terribile esplosione. Io sono rimasto scosso dal disastro provocato anche a tante strutture tra cui anche quelle della Chiesa cattolica come ospedali e scuole. Quindi c’è certamente l’aspetto dell’aiuto e della cooperazione internazionale, ma anche dell’aiuto a far emergere delle forze nuove che superino le logiche del passato di divisione e di ricerca di interessi particolari.
Queste forze nuove che si sono espresse anche nelle manifestazioni di protesta, e che hanno bisogno di trovare spazi per esprimersi istituzionalmente ». Riferendosi all’arcivescovo di Minsk Tadeusz Kondrusiewicz Parolin ha ribadito che la Santa Sede insiste con la Bielorussia perché «possa tornare nella sua sede e continuare ad essere la guida del suo gregge, certo ribadendo il ruolo della Chiesa, che è quello di essere fattore di dialogo, di riconciliazione e di pace». Sul referendum per Parolin l’appello a votare è «un richiamo che si fa sempre anche perché i referendum sono espressione della democrazia e permettono alla gente di esprimersi direttamente su problemi politici che sono importanti». Il porporato invece si è sottratto alla richiesta di dare una indicazione di voto ai cattolici.
«Se c’è una istanza – ha specificato – è la Conferenza episcopale italiana, non è la Santa Sede, ma io credo che non potrà dare una indicazione precisa. Si potrà, come si fa di solito, richiamarsi ai grandi principi e poi lasciare alle persone nella loro coscienza di scendere nella pratica» per un sì o per un no. Infine alla domanda se per il Papa esista il rischio di contrarre il Covid, Parolin ha assicurato che «il Papa è ben monitorato».