"Non si può ridurre a problema tecnico ciò che tocca la dignità dell'uomo e dei popoli". Lo afferma una nota della Santa Sede pubblicata in vista del G20 di Rio de Janeiro. La soluzione del problema dello sviluppo sostenibile non può venire venire "separata dalla nostra comprensione dell'essere umano", si legge nel testo che ribadisce la necessità di rimettere l'essere umano "al primo posto". La persona umana, al quale è affidata la buona gestione della natura, non può però essere dominata dalla tecnica e divenirne l'oggetto".Questo significa, da una parte, rifiutare "un approccio riduzionista e inefficace di carattere neo-malthusiano, che vede l'essere umano come ostacolo allo sviluppo sostenibile"; ma, dall'altra, non vuol dire nemmeno che l'uomo possa ignorare la protezione dell'ambiente.Il documento vaticano richiama anche alcuni punti fermi più specifici: la necessità, da parte della comunità internazionale, di una "approfondita riflessione sul senso dell'economia e dei suoi fini"; l'importanza della sussidiarieta; e della famiglia, che oltre che cellula della società rimane "ultima linea di difesa... contro i totalitarismi"; il rifiuto di contraccezione e aborto, che non vanno considerate come "questioni di salute" ma come "strumenti che si oppongono gravemente" al diritto fondamentale della vita; infine, un richiamo agli Stati affinchè promuovano "un sistema commerciale globale più equo e inclusivo", rispettino, gli "impegni presi nei confronti dell'aiuto allo sviluppo" e trovino "innovativi strumenti finanziari che pongano al centro della vita economica la dignità umana, il bene comune e la salvaguardia del creato".Secondo il documento "la consapevolezza della centralità della persona umana significa che c'è un'alleanza tra uomo ambiente che deve portare gli Stati a "riflettere insieme sul futuro a breve e medio termine del pianeta, richiamando le loro responsabilità nei confronti della vita di ogni persona, così come delle tecnologie utili per migliorarne la qualità".Nel testo la Santa Sede vuole dunque riaffermare con forza "il primato dell'essere umano sulla tecnica". Se è vero, infatti, che "la tecnica imprime alla globalizzazione un ritmo particolarmente accelerato", allo stesso tempo, proprio il fatto che "la tecnologia corra più in fretta di tutto il resto fa sì che spesso le sedimentazioni dei perché siano sistematicamente travolte dall'urgenza del come e non abbiano quindi il tempo di coagularsi". "È dunque importante - si osserva - arrivare a coniugare la tecnica con una forte dimensione etica fondata sulla dignità dell'essere umano".