Il Sinodo. Una conciliare domanda su voce e ruolo dei laici
Giorgio Campanini
Caro direttore,
ho letto con grande interesse, su “Avvenire” del 23 maggio l’ampio articolo intitolato «Così il Papa ha cambiato il Sinodo», che ci ha dato notizia di alcune importanti innovazioni del futuro percorso sinodale della Chiesa universale. Viene prevista, nei Sinodi dei diversi Paesi e in quelli dei vari continenti, un’attiva partecipazione del laicato. Ma, a quanto sembra, questo insieme di materiali sarà affidato, in vista delle decisioni finali, al solo Sinodo dei vescovi. Non si chiarisce, al riguardo, se nel momento decisivo, e decisionale, saranno presenti anche rappresentanti del laicato: una reale partecipazione sarebbe prevista soltanto a livello diocesano, nazionale e continentale. Se così fosse, sarebbe lecito domandarsi quale conto sia stato fatto dall’antico principio secondo il quale «ciò che tutti riguarda deve essere da tutti approvato» (in altre parole non dovrebbero essere i soli vescovi i titolari delle decisioni finali, come è avvenuto sinora per i vari Sinodi).
Ma quale spazio sarebbe accordato ai laici, soprattutto a quella componente femminile della Chiesa che costituisce una forte, e anzi statisticamente maggioritaria, porzione del «popolo di Dio»?. È dai tempi di Antonio Rosmini e di John Henry Newman che si richiede una più qualificata partecipazione dei laici, uomini e donne, ai processi decisionali in atto nella Chiesa. E d’altra parte non è un qualche gruppetto di “dissidenti”, ma un qualificato organismo ecclesiastico che ha posto il problema della rappresentanza dei laici. Mi riferisco, in particolare a un notevole consesso teologico che ha dato alle stampe il documento su “La sinodalità nella vita e nella visione della Chiesa” (23 marzo 2018).
E autorevoli teologi, da Coda a Simonelli, da Dianich a Repole, hanno sottolineato la necessità che, a tutti i livelli, i laici siano ascoltati e consultati. Sembra invece che questo ascolto sia limitato alla fase della previa consultazione (diocesana, nazionale, continentale), ma non al momento della decisione finale, come del resto è avvenuto in occasione dei precedenti Sinodi dei vescovi. Sarà dunque possibile, nell’annunciato Sinodo del 2023, che si passi a un Sinodo del popolo di Dio, in tutte le sue componenti? Non si intende, da parte mia, in alcun modo assimilare un alto momento della vita della Chiesa a una sorta di “Parlamento ecclesiale” bensì di dare voce a tutte le componenti del conciliare popolo di Dio.
Professore emerito dell’Università di Parma