Chiesa

Il Paese. Una Chiesa messaggera di pace nell'isola di Smeraldo

Stefano Vecchia domenica 11 gennaio 2015
L’ammissione della sconfitta nel voto dell’8 gennaio da parte del presidente uscente Mahinda Rajapaksa e la proclamazione della vittoria di Maithripala Sirisena, hanno allentato la tensione elettorale e messo fine a pressioni e violenze, per quanto limitate, anche queste parte integrante del gioco politico locale. Hanno anche allontanato i timori per una eventuale ricaduta sulla visita papale, molto e per alcuni troppo vicina alla data del voto per essere casuale. Non pochi avevano accusato Rajapaksa di opportunismo per avere volutamente quasi affiancato a un evento così atteso dalla cristianità locale un voto altrettanto simbolico ma a rischio di violenza. Un espediente per attrarre il voto cattolico o, in prospettiva di una sconfitta, limitare lo slancio riformista iniziale degli oppositori. Manovre che saranno presto dimenticate all’arrivo di papa Francesco sull’Isola di Smeraldo. «Tutto il Paese lo aspetta con trepidazione, non solo i cattolici», afferma monsignor Fernando, vescovo di Kandy. «Avremo un duplice dono: la sua presenza e la canonizzazione di Joseph Vaz (beatificato nel febbraio 1995, nella capitale Colombo, da papa Giovanni Paolo II), apostolo della Chiesa srilankese. È stato proprio papa Bergoglio a far sì che questa celebrazione potesse avvenire durante il suo pellegrinaggio: ne siamo molto felici». La presenza di Francesco avrà un impatto positivo anche sui non cristiani. Il Papa del Sud del mondo – dicono i cattolici locali – comprende le nostre sofferenze e difficoltà, al punto che anche i buddhisti lo attendono come messaggero di pace e solo alcune frange radicali lo contestano. Un tema, quello della pace, di grande rilievo a oltre cinque anni dalla fine della guerra civile tra governo e guerriglieri tamil con questioni ancora aperte e sospetti e discriminazioni che segnano i rapporti tra singalesi maggioritari e buddhisti e tamil, meno del 20 per cento degli abitanti, in maggioranza indù.  La cattolicità srilankese conta 1,2 milioni di fedeli su poco più di 20 milioni di abitanti ed è organizzata in 11 diocesi, inclusa l’arcidiocesi di Colombo, 391 parrocchie affidate a 955 sacerdoti coadiuvati da 626 religiosi e 2.300 religiose. La Chiesa cattolica è da sempre attiva sui fronti del dialogo interreligioso, dello sviluppo socio-culturale, della difesa dei diritti umani e delle libertà civili. La tensione tra la sua anima “sociale” e quella più “istituzionale” si associa alla diversa appartenenza etnica del clero e alle diverse reazioni alle richieste e sovente le imposizioni delle autorità civili e militari negli anni del conflitto. Quella cattolica è una presenza trasversale alle varie etnie del Paese ma concentrata sulle coste occidentale e nord-occidentale dell’isola.  Numerose e apprezzate le iniziative educative, sanitarie e socio-culturali che fanno della Chiesa un elemento attivo della società, fautrice di integrazione e dialogo. Erede di una tradizione religiosa che risale al XVI secolo, la comunità cattolica si è trovata sovente in contrasto con il cristianesimo calvinista e quello anglicano sbarcati sull’isola con le dominazioni olandese e inglese, come testimonia la vicenda di Joseph Vaz, ma vive oggi in modo non conflittuale la convivenza con credi diversi.