TORINO. L'omelia dell'arcivescovo Nosiglia per la Messa funebre di Sergio Pininfarina
Un esempio da imitare e che rende ragione anche di quell’amore ricevuto, di cui all’inizio di questa riflessione ho fatto cenno e che tutti noi siamo chiamati a restituire nelle modalità più diverse. «Nessuno vive per se stesso o muore per se stesso» dice San Paolo, siamo infatti responsabili gli uni degli altri, mettendo a disposizione i rispettivi talenti per il bene comune.Tutto questo si può certamente attingere dai valori umani che risultano evidenti alla ragione, ma trovano il proprio senso profondo nella fede in Cristo, che ha donato la sua vita per noi, chiave di lettura importante dell’esistenza del Senatore, vissuta in tanti momenti straordinari di successo, come in momenti più difficili e tragici anche per la propria vita familiare. Chiedo pertanto al Signore per ciascuno di noi, soprattutto in questo momento storico così impegnativo dal punto di vista economico e sociale, di saper fare tesoro della Sua capacità di anticipare i tempi nel rispetto della tradizione, con quello spirito d’innovazione e di speranza di cui il nostro Paese ha oggi un grande bisogno.
Serpeggia in tanti un profondo senso di sfiducia e nello stesso tempo di presunzione, per cui si stenta a considerare il periodo che stiamo attraversando come un travaglio doloroso ma aperto a una novità di vita per il futuro. Travaglio che esige un cambiamento sostanziale e non temporanei aggiustamenti di rotta, come si è sempre fatto durante le crisi ricorrenti nel passato. Perché oggi ci troviamo di fronte a una crisi di sistema: sistema di “stile di vita”, come si usa dire, che coinvolge la responsabilità di ogni cittadino e di ogni realtà sociale, di ogni gruppo e ambito di lavoro. Dobbiamo dunque superare un costume di corporative autoreferenzialità ed essere disposti a metterci in gioco per sacrificare tutti qualcosa, fare squadra per condividere le risorse migliori, non solo per sé o la propria parte, ma per il bene-essere e il bene-vivere di tutti. Altrimenti si corre il rischio che, malgrado tutta la buona volontà, si inneschino meccanismi perversi, per cui le conseguenze più dure della crisi gravano soprattutto sui poveri e sul ceto medio. Occorre il coraggio di puntare in alto a traguardi ambiziosi e strategici per il domani, senza sradicarsi dai valori del passato, ma senza timore di ricercare vie nuove, con la determinazione di chi scommette sulle potenzialità positive presenti nel nostro popolo e in tanti suoi figli, impegnati nel mondo del lavoro, della ricerca e della cultura, con la stessa tenacia e la stessa modestia che ha caratterizzato la vita e l’opera del Senatore.La parabola dei talenti spinge a questo chiedendo di credere in se stessi, di saper osare e non rassegnarsi a un declino che sembra ineluttabile, ma reagire uniti per assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario del mondo, bisognoso di un profondo rinnovamento culturale ed etico. Senza disattendere la scelta prioritaria alla propria coscienza personale e all’impegno sociale che la parabola dei talenti ci ricorda: quella della gratuità che genera comunione. La parabola infatti rivela che, a fondamento di ogni risorsa che possediamo, ci sono doni gratuiti ricevuti da Dio e dagli altri di cui non siamo padroni assoluti, ma amministratori perché gratuitamente li abbiamo ricevuti e gratuitamente li dobbiamo dunque restituire.
Papa Benedetto XVI nell’Enciclica sociale Caritas in Veritate afferma che «ogni decisione e operazione finanziaria o economica, anche la più equa possibile, ha una conseguenza morale che coinvolge la persona, per cui non può prescindere dalla gratuità che suscita solidarietà e responsabilità collettiva per la giustizia e il bene di tutti. L’agire gratuito supera la logica del “dare per avere”, propria dello scambio, e quella del “dare per dovere”, propria dei servizi assistenziali, e dà vita alla logica del dono e della comunione».Questo significa che il mercato, il lavoro, l’economia, la politica, se vogliono superare l’attuale situazione di difficoltà, hanno estremo bisogno di persone che credono fermamente al valore del dono reciproco e lo realizzano vivendo la responsabilità sociale con coerenza, in ogni ambito della loro professione.Questi sono alcuni motivi per cui oggi il saluto al Senatore può essere un momento di speranza, attingendo alla Parola di Dio ascoltata, ma anche alla sua esperienza di vita, perché ci sia di esempio e incoraggiamento nel proseguire il nostro cammino di donne e uomini impegnati a portare il proprio contributo, anche professionale, per rendere questo mondo più giusto e solidale soprattutto per le giovani generazioni.Maria Santissima Consolata e Consolatrice conforti con il suo cuore di madre i familiari e amici di Sergio, perché ricevano la forza di vivere questi momenti dolorosi con fede e speranza in quel Dio della vita che ci assicura che la risurrezione del suo Figlio, che ora celebriamo, è fondamento della futura gloria, di cui sono partecipi i nostri cari che ci hanno lasciato e ora attendono anche il nostro ritorno a quella casa, che è l’unica comune dimora veramente stabile e sicura per sempre. Amen.