C’è un posto anche per me? L’arcivescovo di Torino lancia una proposta «provocatoria» per il Natale della sua gente: accogliere in casa, nel cuore della festa di famiglia, una persona povera o sola. Da quando è arrivato a Torino nel 2010 monsignor Cesare Nosiglia ha sempre invitato alla sua mensa, nel giorno di festa, bisognosi e anziani. E da un paio d’anni ha attrezzato un appartamento in arcivescovado per accogliere famiglie «in emergenza» (il servizio è gestito dai volontari del Sermig). Per questo Natale 2014 l’arcivescovo prova ad andare oltre, proponendo l’«invito a invitare» alle parrocchie e soprattutto alle famiglie di Torino e della diocesi. In un breve messaggio spiega le ragioni della proposta, servendosi di due immagini evangeliche: quella di Betlemme, e del «non c’era posto»; e quella della cena di Emmaus. Si tratta di compiere un gesto di fraternità molto semplice ma molto concreto (e impegnativo!), proprio nel giorno in cui le famiglie rinnovano la tradizione di ritrovarsi a tavola per celebrare la festa. Un gesto che diventa «educativo », perché aiuta a comprendere meglio il senso di un’accoglienza che molti, cattolici e no, esercitano già durante l’anno. «Se ci mettiamo insieme – scrive Nosiglia – abbiamo la possibilità di far sentire tante di queste persone più fragili a casa loro. Se duemila anni fa a Betlemme non c’era posto per Gesù, Maria e Giuseppe, oggi a Torino un posto ci può essere. Sono le nostre case, che si aprono per invitare a pranzo una di queste persone, o una piccola famigliola. Ci vuole un po’ di coraggio, ma non è affatto difficile: basta lasciarsi guidare dal cuore. In una situazione come quella torinese, dove la crisi 'morde' da parecchi anni, non si tratta di far sedere a tavola non solo parenti e amici il giorno di Natale, ma di comprendere che attraverso la solidarietà, la fraternità profonda e concreta è possibile 'uscire dalla crisi': cioè dalla rassegnazione, dal lamento su se stessi, dal considerare le difficoltà solo in termini economici». Non c’è bisogno di guardare tanto lontano: «Nel palazzo dove abitiamo – scrive ancora monsignor Nosiglia – non sarà difficile invitare la persona anziana che vediamo solo di sfuggita, o la famiglia del compagno di classe di nostro figlio, o la persona senza dimora che incontriamo usualmente sulla porta della chiesa o del supermercato e con la quale abbiamo scambiato qualche fugace parola, o la signora straniera che fa le pulizie sulle scale del nostro caseggiato, o... Magari parliamone con il nostro parroco, con i volontari del territorio, con gli amici. Sarà una ricerca ricca per il nostro cuore. Proviamoci. Cerchiamoli!». La Caritas diocesana (caritas@ diocesi.torino.it) è a disposizione per accogliere e diramare gli «inviti»; le comunità parrocchiali sono invitate a fare altrettanto.