UN MESE LA LA SCOMPARSA. Tonini e la capacità di incontrare l’altro
Quanti seminaristi eravate?
In due: io e don Paolo Pasini, ora direttore dell’Opera Santa Teresa di Ravenna, il Cottolengo della Romagna, scelto come sua abitazione da Tonini, dove il cardinale è vissuto per 38 anni. E poi pian piano arrivarono altri seminaristi da tutte le parti d’Italia.
Cosa ha significato per Tonini riaprire il Seminario, chiuso da dieci anni?
Senza preti - diceva - non ci sarà più la Chiesa. Così a Paolo VI che l’aveva chiamato direttamente, mise come condizione per accettare la nomina ad arcivescovo di Ravenna di avere un gruppo di gesuiti per riaprire il Seminario. Chi era per voi seminaristi Ersilio Tonini? Un padre spirituale di fatto, che quasi tutte le sere veniva a cena da noi, per ascoltare, ma soprattutto per discutere apertamente con noi di tutti gli argomenti.
Che cosa vi appassionava di lui?
La sua passione per ogni singola persona, che io ho sperimentato in vari anni.
In che senso?
Avendo molto tempo libero negli studi e avendo 25 anni, spesso lo accompagnavo in macchina per le conferenze, gli incontri coi giovani, in particolare coi tossicodipendenti, un problema molto sentito in quegli anni a Ravenna e in Romagna.
Lo accompagnava anche a Roma?
Tante volte, perché spesso andava a bussare alla porta dei suoi amici vescovi, non solo per riaprire il Seminario, ma anche per aprire una casa di accoglienza del Ceis di don Picchi (Centro italiano di solidarietà, ndr), per il recupero dei tossicodipendenti, per i quali mise a disposizione anche il vescovado, vivendo in poche stanze al Santa Teresa.
A voi giovani seminaristi cosa affascinava di Tonini?
Ci si sentiva amati. Esprimeva per ognuno una paternità molto trasparente. Non amava solo le grandi folle, ma la sua disponibilità era totale per ognuno che incontrava. Era un uomo libero, soprattutto libero dai formalismi e dalle cose scontate.
Un esempio?
Ero già sacerdote e una domenica ero in ritiro nelle colline romagnole con un piccolo gruppo di giovani. Gli chiesi che avremmo desiderato parlare con lui. Salì in macchina da solo e ci raggiunse, per trascorrere un pomeriggio intero con una decina di ragazzi. Quale eredità personale le lascia il cardinale? Amare le persone prima di ogni altra cosa. Certo la teologia è importante, la filosofia, la cultura e la pastorale pure, ma quello che ho vissuto con lui è la priorità della persona che hai davanti a te.