Incontro mondiale delle famiglie. Stare insieme è una sfida di coraggio. E di «realtà»
Anche il gatto di “Alice nel paese delle meraviglie” può servire per aiutare a far riflettere le coppie dei nostri giorni che sempre più spesso smarriscono la strada e poi, invece di interrogarsi sul senso del proprio percorso, si affannano a ricercare scorciatoie alternative, più facili e invitanti. E così si smarriscono definitivamente. Insomma, proprio come il gatto insegna ad Alice con le sue domande, non serve chiedere la strada se prima non si sa dove si vuole andare. Secondo il cardinale Joseph Robin, arcivescovo di Newark (Usa) che ieri, nella seconda giornata del Congresso pastorale all’Incontro mondiale delle famiglie, ha guidato una riflessione sulla crisi di coppia, troppi coniugi della nostra epoca dominata dalla superficialità dei social, si perdono nel bosco dalla provvisorietà, delle illusioni, della superficialità perché nessuno ha spiegato loro qual è il percorso più opportuno per il matrimonio cristiano.
«Ma quando lo imparano, spesso dopo sofferenze che lasciano cicatrici profonde – ha sottolineato Tobin – capiscono che la vera felicità è quella di resistere, di non perdere mai di vista il proprio progetto di vita a due, di perseverare anche in mezzo alle difficoltà. Perché stare insieme, nonostante i problemi, costruisce una storia». E spesso, quando la coppia riesce a reggere il timone negli anni, quella storia di fedeltà e di coerenza, è quella che permetterà ai figli di costruirsi un’identità familiare, un ricordo da portare come parte integrante di un’appartenenza destinata a segnare un cammino. L’arcivescovo di Newark, nel New Jersey, ha ricordato la notte in cui suo padre morì. «Eravamo 5 fratelli e 8 sorelle. L’esempio di serenità e di fiducia nel Signore che ci offrì nostra madre in quella situazione – ha detto con un velo di commozione – è uno dei tesori spirituali più preziosi della mia esistenza. E ancora oggi, a distanza di tanti anni, mia madre che ha ormai 95 anni, mi trasmette la sua certezza nell’aiuto di papà, quando arriverà il momento di andare in paradiso, proprio come lei ha fatto con lui».
Uno sguardo sereno che nasce da una lunga vita insieme e che, come hanno sottolineato le tre coppie invitate ad offrire la loro testimonianza, rappresenta un traguardo importante, anzi decisivo, ma tutt’altro che agevole. Cosa fare allora quando il percorso sembra dissolversi nelle nebbie dell’incomprensione, nella fatica che impedisce di alzare lo sguardo e rende fragili, insicuri, vulnerabili?
Marisa e Eugene Smith, responsabili per l’Irlanda del movimento Cana, hanno raccontato le difficoltà incontrate dopo i primi anni di matrimonio, quando all’illusione di una perenne felicità a basso costo, si sostituisce la consapevolezza di un cammino che richiede pazienza, capacità di ascolto, volontà di comprendere i bisogni dell’altro. «Siamo entrati in crisi e abbiamo avuto come dono dalla provvidenza quello di incontrare una persona che ci ha indirizzati verso l’esperienza di Cana. Abbiamo deciso di tentare. Una scelta che ci ha cambiato la vita. Non solo abbiamo capito l’origine dei nostri errori ma, dal confronto con altre coppie che prima di noi avevano conosciuto momenti difficili, abbiamo trovato le energie spirituali per diventare a nostra volta punti di riferimento per l’accoglienza e l’accompagnamento di chi entra nel tunnel del disagio».
Un percorso che riflette in buona parte anche quanto emerso dal racconto di Leigh e Steve Baumann, responsabili di Retrouvaille per Stati Uniti e Canada. La loro sofferenza è diventata insostenibile a causa di una grave incomprensione con il figlio maggiore. Le discussioni, le accuse reciproche, hanno finito per determinare una chiusura reciproca. «Ciascuno di noi – hanno spiegato – si è rifugiato nel super-lavoro, negli interessi personali. Eravamo due single che per caso abitavano insieme». A un passo dalla rottura, l’incontro con Retrouvaille, la riscoperta del dialogo, l’importanza di tenere sotto controllo tre terribili nemici della coppia: rabbia, rammarico, rancore. E ora, l’impegno come accompagnatori di coloro che hanno vissuto il loro stesso dramma e ne vogliono uscire.
Anche Shelley e Daniel Ee, che a Singapore mandano avanti l’esperienza di Worldwide Marriage Encounter (Incontro matrimoniale), hanno parlato di smarrimento, di fatica per ritrovarsi, di decisione comune per individuare nuove strade di dialogo. Oggi, dopo 40 anni di matrimonio, possono dire: «Ogni crisi è stata l’occasione per arrivare a bere il vino migliore, quello che stiamo gustando in questi anni».