Chiesa

Albania. Sant'Egidio a Tirana: «La pace è possibile»

Umberto Folena lunedì 7 settembre 2015
«La pace è sempre possibile», ma ad alcune condizioni. Due su tutte: vincere la rassegnazione e sentirsi coinvolti, tutti, nessuno escluso. È cominciato così ieri pomeriggio l’Incontro internazionale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con le Chiese ortodossa e cattolica d’Albania. Nel gigantesco Palazzo dei Congressi, sorto per celebrare le effimere glorie dell’ateismo di Stato (come ricordava il primo ministro albanese, Edi Rama), ieri si riunivano leader religiosi cristiani, musulmani, ebrei, indù e di altre confessioni. Non un posto libero, gremita anche la hall a significare l’importanza che l’Albania, “affamata” d’Europa, esempio di convivenza pacifica e collaborativa delle fedi, sta dando a questo evento che termina domani sera con la lettura e la firma dell’Appello di pace 2015. Una singolare consonanza: «Non rassegniamoci!».Lo scrive papa Francesco nel suo messaggio, letto dal vescovo ausiliare di Roma, monsignor Matteo Zuppi: «Non dobbiamo mai rassegnarci alla guerra! E non possiamo restare indifferenti di fronte a chi soffre per la guerra e la violenza». Bergoglio ha parlato chiaro, riferendosi alla stretta attualità: «Ma è violenza anche alzare muri e barriere per bloccare chi cerca un luogo di pace. È violenza respingere indietro chi fugge da condizioni disumane nella speranza di un futuro migliore». No alla rassegnazione, no all’indifferenza. Lo richiama nel suo messaggio anche il presidente Sergio Mattarella: «Nessuno, in tempi di globalizzazione, può chiamarsi fuori o sentirsi al sicuro». E «la risposta delle nazioni democratiche non può essere la chiusura e l’arroccamento». Sono gli stessi temi al centro del discorso del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, che non nasconde la sua inquietudine: «Oggi qualcosa ci preoccupa, e molto: la diffusa rassegnazione a subire la storia di violenza, terrorismo, guerra. Come fenomeni inarrestabili. Come la pace fosse un’utopia perduta nel secolo passato». Mai rassegnarsi: «Senza un sogno di pace non si costruisce la pace». Ma questo vale innanzitutto per i credenti: «Le stesse religioni rischiano di rassegnarsi alla guerra e alla violenza, come realtà inevitabile. Questo avviene quando si chiudono nel loro recinto, s’isolano con i loro fedeli senza guardare l’altro». Il titolo dell’Incontro, ha concluso Riccardo, “La pace è sempre possibile”, suona come «protesta contro la guerra e la rassegnazione».