Chiesa

Il reportage. «Il nostro Natale a Tibhirine, alla scuola dei monaci trappisti martiri»

Giacomo Gambassi lunedì 23 dicembre 2019

Il monastero di Tibhirine in Algeria

È a mille metri d’altezza Tibhirine. E, anche se siamo nel cuore dell’Algeria, il vento che soffia nel primo scorcio di inverno è quello gelido e impetuoso di una cittadina sul monte. Non è rara neppure la nebbia. «E può accadere che scenda anche la neve soprattutto adesso che ci avviciniamo al Natale», raccontano i religiosi di Chemin Neuf. La comunità francese a vocazione ecumenica ha “ereditato” dal 2016 il monastero dei sette trappisti uccisi dal Gruppo islamico armato nel 1996. Martiri, secondo la Chiesa. E beati da appena un anno. Anche loro entreranno nel presepe allestito in chiesa. «Fra i pastori e le pecore metteremo le statuette di tutti e sette – annuncia frère Yves –. Durante la Messa della notte li ricorderemo nella preghiera per il loro esempio di vita spesa per Dio e per l’Algeria che mai hanno voluto lasciare seppur consci di essere in pericolo». La celebrazione inizierà alle otto della sera. «Sarà semplice – continua il religioso – anche perché il clima è rigido e il riscaldamento modesto. Uno stile che richiama la grotta di Betlemme e vuol essere un invito alla concordia e alla pace annunciata dagli angeli ai pastori. Del resto sono sempre numerosi i nostri vicini che partecipano al rito e che al termine salutiamo con la cioccolata calda, il tè e una fetta di torta».

I monaci trappisti del monastero di Tibhirine uccisi dagli estremisti - .

I “vicini” di cui parla Yves sono islamici. Se più del 95% degli algerini ha nel Corano il suo riferimento, Tibhirine non fa eccezioni. «Eppure – prosegue il frère – riconoscono Gesù come profeta nato dalla Vergine Maria. E quindi trovano del tutto normale che noi cristiani celebriamo la sua nascita, magari insieme. Poi sono loro che hanno conosciuto in prima persona i monaci uccisi. Il ricordo che hanno è ancora chiaro e sono felici di tramandarlo anche riferendo aneddoti familiari».

L'interno del monastero di Tibhirine in Algeria - .

Sono in cinque nel monastero fondato a novanta chilometri da Algeri nel 1938 dai cistercensi. Tutti francesi. Uno è sacerdote. Frère Yves consacrato. E poi ci sono tre sorelle «di cui una specializzata in agricoltura visto che abbiamo otto ettari di frutteto con 1.600 piante per fare le marmellate», sorride il religioso. Dopo l’assassinio dei sette trappisti l’Ordine cistercense aveva affidato la struttura all’arcidiocesi di Algeri collegandola al monastero di Notre Dame de l’Atlas a Midelt in Marocco dove risiede l’ultimo monaco di Tibhirine, Jean-Pierre. «Per due volte noi di Chemin Neuf siamo stati invitati dal vescovo a venire qui, ma ritenevamo che non avessimo la capacità e le forze per rispondere favorevolmente. La terza sollecitazione è stata invece letta come una chiamata del Signore che ci chiedeva di metterci a disposizione per questa terra. E avendo nel Dna l’impegno al dialogo, la comunità ha accolto la richiesta come un completamento del nostro carisma». La vita è scandita dalla preghiera e dal lavoro. «E dalla condivisione delle condizioni spesso difficili degli abitanti della zona», fanno sapere i religiosi. Quindi sottolineano: «La nostra preghiera si unisce a quella dei vicini musulmani che a loro volta pregano. E la eleviamo insieme verso l’unico Dio».

Le tombe dei trappisti martiri nel monastero di Tibhirine - .

Frère Yves definisce Tibhirine «luogo della riconciliazione». E «meta di molti pellegrini e visitatori», aggiunge. Si arriva qui per immergersi nel monastero o per inginocchiarsi di fronte alle tombe dei beati sepolti nel giardino. «È proprio accogliendo chi sceglie di bussare alla porta che custodiamo e soprattutto teniamo viva la memoria dei nostri amati predecessori – afferma –. Coloro che giungono vogliono vedere, ascoltare, fare domande, sapere. La stragrande maggioranza è musulmana: sono famiglie, gruppi, giovani, studenti universitari di tutta l’Algeria ma anche dall’estero. Sembra strano tutto ciò; invece è quello che sperimentiamo ogni giorno e che avverrà anche a Natale». E la lezione che hanno lasciato i sette “uomini di Dio” (secondo il titolo del celebre film di Xavier Beauvois)? «Quella che vivere insieme è davvero possibile», ripetono con voce sicura i fratelli e le sorelle della comunità.

La strada verso il monastero di Tibhirine - .