C'è una porzione di storia della Chiesa conservata nelle diocesi, nelle sedi provinciali degli enti ecclesiastici, persino nelle parrocchie. È nascosta nei registri, rinchiusa negli archivi. Schedata e classificata, magari, ma costretta comunque a una dimensione locale. E invece legando fra loro i frammenti della vita ecclesiale si può provare a riscoprire una trama che intreccia le origini dei grandi personaggi o che collega le esperienze di comunità distanti fra loro. La chiave è offerta dalle nuove tecnologie. E da un progetto destinato a sfruttarle a fondo. Si chiama CeiAr per evocare il committente - la Conferenza episcopale italiana - e la missione legata appunto all’archiviazione. Ci si lavora dal 2004, quando 13 archivi diocesani, distribuiti su tutta la Penisola, vennero coinvolti dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici (Unbce) in una fase pilota per testare il software e limare i dettagli dell’impostazione. Ora il contatore delle adesioni ha toccato quota 204: 125 sono archivi delle diocesi e altri 79 provengono da differenti enti ecclesiastici. La prima a sposare il progetto è stata la diocesi di Civita Castellana, il 4 ottobre di sette anni fa; la più recente è stata la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, il 20 giugno scorso. Di recente, a Roma, è stata organizzata una giornata di formazione dedicata proprio agli ultimi che si sono aggregati: c’erano 12 operatori provenienti da tutta Italia. Il mese precedente erano stati formati altri 13 neo iscritti. Si va aventi così, con un ritmo che prevede ogni due-tre mesi l’opportunità di immettersi nel progetto: ai delegati che partecipano all’incontro viene illustrata la finalità di CeiAr, spiegato il meccanismo tecnico e la modalità di utilizzo del software. E poi ci sono sempre manuali e servizi di assistenza on line e per telefono, forum e sessioni di e-learning per l’apprendimento a distanza. Anche perché in un progetto del genere la tecnologia non deve essere percepita come un problema ma come una risorsa. E in effetti l’opportunità è ghiotta. Intanto, come primo passo, si può ottenere la ricostruzione virtuale di archivi che nel corso dei secoli si erano dispersi. Poi si potrà pensare a studiare modalità di navigazione dei contenuti che mettano in risalto determinati periodi storici di comunità piccole e grandi, ricostruire legami, ripercorrere vicende, flussi sociali, fasi artistiche con un’ottica capace di abbracciare contesti e territori eterogenei. E in grado anche di mettere in risalto qualche curiosità: «Tra gli elementi che sono stati già censiti ci sono pergamene diplomatiche risalenti persino al IX secolo e poi gli atti compilati in occasione delle visite periodiche che i vescovi effettuavano nei diversi enti della propria diocesi e i registri provenienti dalle parrocchie soppresse» racconta Francesca D’Agnelli, che sta seguendo per l’Uncbe l’evoluzione di CeiAr. In alcuni casi, spiega, ci si è spinti proprio fino a censire e inventariare gli archivi parrocchiali di determinate diocesi. O, ancora, a recuperare un lavoro fatto in precedenza per adeguarlo ai parametri necessari per la banca dati comune di CeiAr. È successo ad esempio a Bergamo, dove le 389 sorgenti di dati parrocchiali organizzate nel 1997 sono state integrate nel progetto e potranno ora essere aggiornate on line. «Negli archivi storici diocesani ed ecclesiastici in genere è conservata una parte importante della storia della Chiesa e della nostra comunità» commenta monsignor Stefano Russo, direttore dell’Unbce, definendo «significativo e lodevole l’impegno che molti di questi istituti stanno mettendo nel fare ordine al loro interno anche attraverso una moderna inventariazione»: «La diffusione capillare nel territorio italiano di questi archivi - afferma -, unita al servizio di tanti che vi operano nel nascondimento, costituisce un arricchimento per tutta la nostra società permettendoci spesso di rintracciare le trame di storie che sembravano andate perse». Alla fine del lavoro, ogni documento registrato nel nuovo sistema dell’Uncbe viene descritto con un dettaglio analitico e con un sommario, con l’indicazione di metadati su titoli, indici, elementi cronologici e con i riferimenti alla localizzazione e alla tipologia di supporto fisico, oltre alla relazione con la scheda descrittiva dell’istituto culturale che lo conserva e ad eventuali allegati multimediali: dalle immagini alle registrazioni audio e ai filmati. Non tutto, ovviamente, sarà accessibile da chiunque. A metà maggio Giovanni Silvestri, responsabile del Servizio informatico della Cei ha presentato la prima bozza di un portale che guiderà la navigazione dei contenuti di CeiAr. Entro il 2012 la versione definitiva sarà on line. E potrà partire la navigazione di un patrimonio che è tutto da riscoprire..