Chiesa

LE RIFORME DI PIETRO. Tra Ratzinger e Bergoglio continuità nel rigore

Andrea Galli venerdì 9 agosto 2013
​Non sono pochi i passi compiuti in circa due anni e mezzo dalla Santa Sede sulla strada della trasparenza finanziaria. A partire cioè dal Motu proprio del 30 dicembre 2010 per la «prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario». In quella lettera apostolica Benedetto XVI, richiamandosi alla sua enciclica Caritas in veritate e alla convenzione monetaria siglata tra lo Stato della Città del Vaticano e l’Unione Europea il 17 dicembre 2009, approvava l’emanazione di una legge contro «il riciclaggio dei proventi di attività criminose» e istituiva l’Autorità di informazione finanziaria (Aif), col compito di vigilare e verificare l’applicazione della stessa legge da parte dei dicasteri della Curia romana e degli enti dipendenti dalla Santa Sede. Prendeva quota contemporaneamente il “dialogo” con Moneyval, il comitato del Consiglio d’Europa che valuta le misure per il contrasto del riciclaggio – ovvero la loro aderenza agli standard stabiliti dal Gafi, il gruppo di azione finanziaria del Fondo monetario internazionale – con il suo primo rapporto di valutazione della Santa Sede nel luglio 2012. In quel documento venivano elogiati gli sforzi compiuti in Vaticano, che veniva sostanzialmente “promosso”. Lo scorso 22 maggio veniva quindi presentato il primo rapporto annuale dell’Aif. L’Autorità rendeva noto di aver ricevuto sei segnalazioni di operazioni sospette, inoltrando due rapporti al Promotore di giustizia vaticano per ulteriori indagini; e di aver iniziato la procedura di ammissione al gruppo Egmont – conclusasi poi in luglio –, ossia il forum globale che riunisce le unità di informazione finanziaria di 133 Stati e giurisdizioni. Alla presentazione del rapporto il direttore dell’Aif, René Bruelhart, faceva inoltre sapere che la Santa Sede avrebbe presentato a fine anno un secondo rapporto alla plenaria di Moneyval, il secondo dopo quello del 2012, e che l’Aif aveva stipulato protocolli d’intesa per lo scambio di informazioni con organismi analoghi di vari Paesi, tra cui, il 7 maggio, con il Financial crimes enforcement network degli Stati Uniti. Nelle ultime sei settimane si contano poi due chirografi di papa Francesco sempre mirati alla buona gestione delle finanze vaticane. Con il primo, lo scorso 26 giugno, ha istituito una Pontificia commissione referente sullo Ior, per raccogliere «puntuali informazioni sulla posizione giuridica e sulle varie attività dell’Istituto», finalizzate a una «migliore armonizzazione del medesimo con al missione universale della Sede Apostolica». Con il chirografo del 19 luglio ha creato un’altra Pontificia Commissione referente, sull’«organizzazione della struttura economica-amminstrativa della Santa Sede», con lo scopo di arrivare a una «semplificazione e razionalizzazione degli organismi esistenti e una più attenta programmazione delle attività economiche di tutte le Amministrazioni vaticane».