Francia. Taizé denuncia cinque casi di abusi. Il priore: un'opera di verità
Ammette che la comunità di Taizé sta provando «vergogna» e «profondo dolore» e che se ha deciso di rendere pubbliche le terribili macchie del recente passato è per un’«opera di verità». Frère Alois, priore della fraternità monastica francese che è punto di riferimento per migliaia di giovani, annuncia in una lettera aperta pubblicata nelle scorse ore di aver denunciato alle autorità transalpine cinque casi di abusi a carattere sessuale sui minori avvenuti tra gli anni ’50 e gli anni ’80 da parte di tre fratelli della comunità ecumenica, due dei quali morti più di quindici anni fa.
Nella missiva frère Alois spiega che negli ultimi tempi «la società e la Chiesa stanno cercando di far luce sugli abusi sessuali, in particolare quelli contro i minori e le persone fragili». A Taizé, sottolinea, «accogliamo da decenni, settimana dopo settimana, migliaia di ragazzi e adulti dall’Europa e da tutto il mondo. Consapevoli della nostra responsabilità e della fiducia riposta in noi dai giovani, dalle loro famiglie e dai loro amici, abbiamo sempre cercato di assicurare che l’accoglienza avvenga nelle migliori condizioni» e nel «rispetto dell’integrità» personale.
Dal 2010 – ricorda il priore – è stata dedicata una pagina del sito we b alla tutela dei pellegrini ed è stato attivato anche un indirizzo e-mail per facilitare il dialogo. A Taizé «un fratello e altri al di fuori della comunità sono responsabili dell’ascolto di chiunque venga a conoscenza di un’aggressione sessuale o di ogni altra forma di violenza, specialmente contro i minori».
È proprio in questo lavoro di «ascolto delle vittime» che sono emersi i cinque episodi denunciati alla magistratura in base alla «legge francese che richiede la segnalazione di tutti i casi, indipendentemente dal momento in cui i fatti sono stati commessi», scrive frère Alois. Che in un’intervista al quotidiano cattolico francese La Croix aggiunge: «Le vittime non volevano che la loro testimonianza fosse consegnata all’autorità giudiziaria. E quindi mi sembrava che la priorità fosse ascoltarle e accompagnarle nel miglior modo possibile. Con loro ci siamo tenuti in contatto e abbiamo persino dato loro il benvenuto a Taizé».
Con amarezza il priore riconosce nella lettera che «queste passate aggressioni compiute da alcuni fratelli fanno parte della nostra storia comunitaria». E «il primo pensiero va alle vittime» da seguire con attenzione per comprendere a pieno «ciò che hanno vissuto e sofferto». È possibile – aggiunge frère Alois – che «questo nostro parlare incoraggi altre eventuali vittime a farsi avanti: noi le ascolteremo e le accompagneremo nei passi che vorranno fare».
Taizé rimarca l’impegno della comunità per garantire la sicurezza di tutti. E dialogando con La Croix il priore fa sapere di avere dato «regole specifiche ai fratelli per quanto riguarda l’accompagnamento dei giovani e dei volontari, in fedeltà a ciò che ci ha trasmesso frère Roger», fondatore dell’esperienza monastica. E così il priore conclude la lettera aperta: «Se oggi parlo, è perché lo dobbiamo alle vittime, ai loro cari e a coloro che cercano a Taizé uno spazio di fiducia, sicurezza e verità».