Chiesa

A 9 anni dalla morte. Taizé ricorda frère Roger «Seppe abbandonarsi a Dio»

Laura Badaracchi martedì 19 agosto 2014
Nella chiesa della riconciliazione della Comunità ecumenica di Taizé, il ricordo del fondatore frère Roger è stato particolarmente sentito nei giorni scorsi: il 16 agosto ricorreva il nono anniversario della sua morte. Quella sera, durante la preghiera pubblica, una squilibrata lo avvicinò e lo aggredì con un coltello, uccidendolo. I suoi confratelli, guidati dal priore frère Alois, hanno voluto farne memoria pregando insieme. E la sera del 14 agosto il successore di frère Roger lo ha citato spesso nella sua meditazione: «Amava invitare alla gioia. Ma non si riferiva ai grandi momenti di felicità che noi tutti conosciamo, ma che restano fugaci. Stava parlando di una gioia più vicina alla pace, quella che sperimentiamo quando siamo uniti e non divisi interiormente, lacerati». E ha aggiunto: «Questa unità interna non possiamo creare da noi stessi: dobbiamo riceverla. Ci sentiamo così soprattutto quando sappiamo di essere amati. Ma l’amore che riceviamo da altre persone e che diamo agli altri è così fragile e dolorosamente limitato che deve essere costantemente rinnovato. Frère Roger sapeva che talvolta amiamo male anche coloro a cui vogliamo bene. E che dire di tutti coloro che vengono respinti dalla società, che sperimentano la violenza, la guerra, le malattie incurabili? Spesso siamo impotenti contro le calamità e le sofferenze che vediamo nel mondo o vicino a noi». Alle centinaia di giovani presenti, frère Alois ha ricordato che dinanzi al male il fondatore della Comunità di Taizé «ha preso risolutamente il cammino evangelico: abbandonarsi a Dio attraverso fiducia del cuore. Riconosco sempre di più il valore di questo cammino di frère Roger nelle sue parole che lo sintetizzano: “Beati coloro che si sono abbandonati a te, o Dio, nella fiducia del cuore”». Un percorso che è un combattimento in cui possono essere necessarie «tutte le nostre forze: prendere la decisione interiore di affidarci a Dio. Non è un Dio lontano, ma è un Dio che è amore, che in Cristo ha condiviso le nostre gioie e i nostri dolori e che abita in noi attraverso lo Spirito Santo». Nel coro della chiesa della riconciliazione,  proprio sabato scorso è stata posta l’icona dell’amicizia tanto amata da frère Roger: rappresenta «Cristo che accompagna il suo amico, cioè ognuno di noi. Quando guardiamo questa icona, possiamo scoprire la vicinanza di Cristo, anche se non sentiamo la sua presenza. La fiducia in Cristo, anche senza avvertire la sua presenza: questa è la “fiducia del cuore” di cui parlava il fratello Roger. In tutte le situazioni, siamo chiamati a rischiare di fidarci che l’amore di Dio avrà l’ultima parola nelle nostre vite e nel corso della storia. La fiducia del cuore si rafforza in noi quando lasciamo che impregni la nostra vita, quando non rispondiamo troppo in fretta per una parola dura, quando ci rifiutiamo di riconoscere un popolo il cui solo una parte è male, quando resteremo vicini a un malato che non possiamo aiutare», ha concluso frère Alois. Di fronte ai conflitti in Iraq e in Ucraina, a Gaza e altrove, «sconcertati dalla violenza, non siamo ancora condannati alla passività. Anche noi possiamo preparare la pace là dove siamo, dove siamo mandati. La pace che riceviamo da Cristo si irradia in primo luogo a coloro che ci sono vicini».