Fede e società. Suor Donatello: persone con disabilità, al loro fianco tutta la vita
Napoli: la seconda giornata del convegno "Noi, non loro. In ogni stagione della vita"
Video, musica, il sassofonista dei Ladri di carrozzelle, i ragazzi disabili che danzano e poi confronti, esperienze, strade nuove da cercare: la seconda giornata del terzo convegno promosso dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei (dal titolo “Noi, non loro. In ogni stagione della vita”, e che si chiude domenica 22 aprile a Napoli) ha messo insieme un bel po’ di cose, a cominciare da un clima familiare, molta condivisione e nessuna lamentela per il programma di lavoro davvero assai fitto. E su tutte, il racconto d’una sessantina di belle esperienze da Sud a Nord del nostro Paese, «piccoli pezzi di qualcosa assai più grande», com’è stato detto. E la partecipazione delle Conferenze episcopali inglese, croata, maltese. Così «resta la gioia dell’incontro - spiega don Gianluca Marchetti, sottosegretario Cei -, dello stare insieme in gioia e allegria e di mettere insieme tante esperienze di vita». Come “Casa amoris laetitia”, casa della diocesi di Bergamo che ospita bambini con disabilità complessa ad alta intensità sanitaria con le loro famiglie. E come “Insuperabili” (qui c’è la rappresentante casertana), che è la scuola calcio per ragazze e ragazzi più grande al mondo, in Italia ha 18 sedi con 69 squadre (16 partecipano a campionati e tornei nazionali e internazionali) e 650 giocatori.
Suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei - Ansa
Stanotte ha dormito tre ore e del resto il convegno che ha messo in piedi (e chiude oggi), da qualsiasi parte lo si prenda, ha cifre quasi sorprendenti. Suor Veronica Donatello è la responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei, il suo cellulare frigge, lei segue i lavori senza una sola pausa e saluta chiunque, tanto ch’è stato quasi difficile, ieri, anche ritagliarci giusto il tempo... di un’intervista.
Suor Veronica, cosa vorrebbe restasse di questi tre giorni?
Che la gente comprendesse come la strategia sia “fare insieme”, fare rete. Qui abbiamo diocesi, associazioni, movimenti, cooperative, persone, cioè realtà che si sono messe insieme per accompagnare le varie stagioni della vita dei disabili.
State ripetendo spesso che serve un nuovo approccio, un “paradigma nuovo”, ha detto lei stessa. Sarebbe?
La persona con disabilità è una persona che ha desideri e bisogni a prescindere dalla propria diagnosi e che andrebbe accompagnata tutta la vita.
Non è complicato da farsi?
Ma Dio non alberga in luoghi asettici, distanti dalla realtà, ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita.
Già, ripetete spesso anche la questione delle stagioni della vita.
Perché a volte frammentiamo e non generiamo.
Insomma, la persona disabile viene seguita solo per un pezzo...
...Quello iniziale, poi scompare, è invisibile. Per esempio, qual è uno dei drammi? Quando la scuola termina, termina tutto. Invece vorrei che ogni passaggio di vita iniziasse a un altro.
Sfida mica male. Come si vince?
Percependoci come comunità. Abbiamo la grande possibilità del Cammino sinodale, che è un cammino inclusivo, che sta abbattendo tanti muri, tanti pregiudizi, e c’è una profezia, una possibilità grande. Ci sono venti ragazzi disabili che parleranno e nelle loro diocesi fanno parte proprio del Cammino sinodale.
Perché accade che non si venga seguiti in tutte le stagioni della vita?
Perché la persona con disabilità per molti è un problema da risolvere, meno lo vedi, meglio è. Dà fastidio. Bisogna cambiare punto di vista.
Mancano le relazioni?
Se io organizzo un pranzo e invito amici e uno non c’è, lo chiamo. Amico significa creare relazioni, conoscere chi sei, cosa ti piace. A volte la persona con disabilità invece è presente, ma non appartiene, non partecipa.
Si dice siano necessarie sensibilità particolari per essere amico di una persona disabile: strano, perché aggiungere disabile, dopo persona?
Non abbiamo mai avuto un’attenzione costante a loro e non abbiamo mai normalizzato le cose.
Cioè?
Ci siamo nella loro vita, ogni tanto. Se invece l’accompagnassimo per intero...
A proposito: suor Veronica, serve realmente un ministero per la Disabilità?
Se non ci fosse, tutte le leggi che stiamo portando avanti, che sono il grido di tanti genitori, che fine farebbero? Noi dobbiamo dar voce a chi non ha voce. E oggi i nostri servizi e il ministero servono proprio per dare voce a chi non la ha.
E per «fare rete», come lei stessa sottolineava prima?
Lo sta facendo e noi lo stiamo facendo all’interno della Chiesa. Dev’esserci qualcuno che dica “ehi, molti di loro che sono qui oggi non parlano, se non hanno un genitore o un traduttore. E allora?”.
Lavoro lungo e difficile. O no?
L’unica strada. Bisogna che pian piano impariamo i linguaggi degli altri e la sfida veramente grande è diventare popolo.
Il quadro dipinto qui dalle istituzioni racconta di un’Italia avanti rispetto agli altri Paesi. Vero?
Credo sia vero. Tenga conto che qui al convegno ci sono le Conferenze episcopali inglese, croata, maltese.
Venute a imparare, vuol dire?
Venute intanto perché con loro lavoriamo tutto l’anno.
Ha un sogno su tutti per il convegno?
Qui stiamo ascoltando relazioni teologiche e pedagogiche, esperienze di disabilità in ogni momento della vita. Ecco, isogni della Bibbia sono un messaggio del Signore al popolo, allora viviamo questi giorni e sogniamo. Perché tutto possa diventare presto cultura e vita.