Chiesa

Santa Sede. Cina, non c'è distanza tra il Papa e i suoi collaboratori

Stefania Falasca martedì 30 gennaio 2018

Papa Francesco saluta un gruppo di fedeli cinesi in piazza San Pietro il 15 giugno 2016 (Archivio Ansa)

«Il Papa è in costante contatto con i suoi collaboratori, in particolare della Segreteria di Stato, sulle questioni cinesi» e «viene da loro informato in maniera fedele e particolareggiata sulla situazione della Chiesa Cattolica in Cina e sui passi del dialogo in corso tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, che Egli accompagna con speciale sollecitudine».

Con questa puntualizzazione contenuta nella dichiarazione diffusa dal direttore della sala Stampa Vaticana, Greg Burke, la Santa Sede è intervenuta per ribadire i termini delle relazioni sino-vaticane. La dichiarazione è in «riferimento alle notizie diffuse circa una presunta difformità di pensiero e di azione tra il Santo Padre e i suoi Collaboratori nella Curia Romana in merito alle questioni cinesi» e le ultime righe del testo fanno comprendere quale sia lobiettivo a chiare lettere dellintervento vaticano: «Desta sorpresa e rammarico che si affermi il contrario da parte di persone di Chiesa e si alimentino così confusione e polemiche».

Negli ultimi giorni sono stati portati all'attenzione dei media internazionali le vicende di due diocesi cinesi: Shantou e Mindong. In ambedue le diocesi sono presenti sia un vescovo clandestino legittimo, sia un vescovo patriottico illegittimo, ordinato con il placet del governo cinese ma senza il mandato apostolico della Santa Sede. Secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, nei mesi scorsi i due vescovi legittimi avrebbero ricevuto da Roma la richiesta di lasciare la guida della diocesi ai due vescovi ordinati illegittimamente, una volta avvenuta la loro legittimazione canonica. Una richiesta che, secondo le indiscrezioni il vescovo di Santhou, lottasettenne Pietro Zhuang Jianjian, avrebbe respinto.

Lo scorso lunedì, le indiscrezioni sul caso Shanthou erano state confermate e rilanciate dal cardinale Joseph Zen, con un appello ai «cari amici dei media» nel quale, tra laltro, il vescovo emerito di Hong Kong aveva rivelato di essersi attivato per affidare direttamente a papa Francesco una lettera del vescovo Zhuang.

Il cardinale Zen aveva presentato lintera vicenda di Shantou come una conferma di una presunta arrendevolezza della Santa Sede, che secondo lanziano cardinale sarebbe pronta a sacrificare le ragioni dei cattolici cinesi sullaltare delle trattative con Pechino. «Forse aveva scritto Zen io penso che il Vaticano stia svendendo la Chiesa cattolica in Cina? Sì, decisamente, se essi vanno nella direzione che è avvia in tutto quello che hanno fatto in questi mesi e anni recenti».

La diffusione orchestrata delle indiscrezioni sul caso Shantou puntava anche ad accreditare lidea di una certa dissociazione tra papa Francesco e i sui collaboratori della Segreteria di Stato in merito al dossier cinese. Smentendo così le voci di chi vuole accreditare lidea di un Papa che «non capisce» di questioni cinesi e di un Vaticano che «stia svendendo la Chiesa cattolica in Cina», la dichiarazione viene a rassicurare i cattolici cinesi. Il comunicato di oggi rappresenta la prima risposta ufficiale dOltretevere allaccanimento di certe campagne strumentali volte a screditare le trattative in corso tra Cina Popolare e Santa Sede, accusata da certe dinamiche di disinformazione mediatiche di perseguire un accordo politico con Pechino «sulla pelle dei cattolici cinesi», o di cedere al governo cinese solo per compiacere il proprio «cieco e ingenuo ottimismo». Si tratta di grottesche manovre rispetto al modus operandi della Santa Sede, attenta per il bene dei fedeli a tenere sempre conto di tutti i fattori e gli attori implicati nella grande partita cinese.