L'esposizione. Sui passi di Celso Costantini, il cardinale che capiva la Cina
Una novità eccezionale sul “Cardinale Celso Costantini e la Cina” è stata ieri offerta al pubblico. Una sezione permanente sull’illustre figura del porporato e sulle sue gesta figura ora infatti nell’ampliato e ristrutturato Museo diocesano di arte sacra in Pordenone. L’importanza dell’impresa è intuibile: trascende i confini regionali e nazionali, perché si colloca nel firmamento interculturale che unisce Oriente e Occidente del pianeta. L’inaugurazione della rassegna si è svolta ieri mattina, in concomitanza con i festeggiamenti annuali dei cattolici cinesi per la Madonna incoronata da Celso Costantini, primo delegato apostolico a Pechino, nel santuario nazionale di Sheshan, a Shanghai. All’evento hanno partecipato il vescovo di Concordia-Pordenone Giuseppe Pellegrini, autorità civili e militari locali e regionali, e un folto pubblico. Contestualmente sono stati inaugurati anche i nuovi spazi espositivi del Museo che saranno adibiti a mostre temporanee e che debuttano con la mostra monografica dedicata al settimanale diocesano Il Popolo il cui primo numero risale all’8 gennaio 1922. «Abbiamo voluto celebrare il centenario del nostro giornale – ha spiegato l’attuale direttrice Simonetta Venturin – attraverso il suo stesso valore, quello di aver saputo raccontare la storia di un secolo, percorrendo i due binari che da sempre lo contraddistinguono: raccontare la cronaca e la storia, ma anche raccontare la storia della Chiesa, sia quella universale sia quella locale».
Tornando alla rassegna dedicata al cardinale Costantini, essa è un “unicum” per il grande numero di opere artistiche cinesi e per il loro alto livello qualitativo. Costituirà certamente un polo di attrazione anche per gli eredi del Celeste Impero. L’impresa ha richiesto oltre dieci anni di lavoro, sotto la guida di monsignor Bruno Fabio Pighin, docente universitario a Venezia, grande esperto del personaggio Costantini e delle condizioni della Chiesa cattolica in Cina. A lui, direttore scientifico della nuova esposizione permanente, Avvenire ha chiesto di illustrarne il significato.
Monsignor Pighin, da dove nasce l’idea di costituire a Pordenone un’esposizione permanente dedicata al cardinale Celso Costantini e alla Cina?
L’idea è sorta dalla considerazione dell’insigne figura del porporato, dal valore delle opere artistiche che ci ha lasciato nonché dal contesto nel quale è vissuto. Egli attraversò la storia del secolo XX da protagonista, fino alla sua morte avvenuta nel 1958. Nella rassegna emergono i tratti essenziali del personaggio. Oltre che pastore esemplare, Celso Costantini fu scultore rinomato, promotore del rinnovamento dell’arte sacra in Italia e non solo, artefice della ricostruzione materiale e spirituale dopo i disastri causati dalla Grande Guerra. Amministratore apostolico di Fiume (Croazia) fronteggiò Gabriele D’Annunzio evitando un bagno di sangue alla città martoriata. Soprattutto compì gesta indelebili in Cina segnando una svolta mirante alla decolonizzazione religiosa. Vi fondò una scuola di arte cristiana tuttora attiva. “Rifondò” la comunità cattolica cinese mediante vescovi e preti indigeni. Fu tessitore dei pieni rapporti diplomatici stabiliti tra la Santa Sede e la Repubblica cinese. È riconosciuto come il principale ispiratore della politica missionaria di papa Pio XII. Salvò la vita ad Alcide De Gasperi nel 1944 sottraendolo alla deportazione nei lager nazisti. Infine fu Cancelliere di Santa Romana Chiesa. In tale veste fu in prima fila nella politica estera della Santa Sede.
Pare un progetto interessante e anche ambizioso. Chi lo ha concepito e chi si è impegnato a realizzarlo?
L’idea partì dalla Santa Sede più di dieci anni fa, in particolare dal cardinale Ivan Dias, in qualità di prefetto dell’allora Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli; fu sostenuta, tra gli altri, dal suo successore cardinale Fernando Filoni e fu incoraggiata dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato. La proposta fu accolta da monsignor Pellegrini, vescovo di Concordia-Pordenone, diocesi nella quale Costantini nacque nel 1876 e della quale fu vicario generale. La realizzazione dell’impresa non è stata facile, perché occorreva ampliare e ristrutturare l’edificio museale esistente e costituire dal nulla la nuova collezione. Ora il percorso è giunto alla meta grazie anche a contributi della regione autonoma Friuli Venezia Giulia e di altri enti pubblici e privati. La nuova sezione museale ha beneficiato di convergenze importanti: il comune di Pordenone ha concesso il lascito del cardinale Costantini custodito nel suo Museo Civico d’Arte; gli enti ecclesiastici della regione in possesso di opere legate allo stesso porporato le hanno prestate stabilmente per l’iniziativa; il “Fondo professor Antonio Bozzetto” ha devoluto alla rassegna il suo patrimonio artistico cinese di inestimabile valore».
Quali sono le caratteristiche delle opere che vengono esposte nella nuova sezione?
È impressionante il numero di opere storico-artistiche, soprattutto cinesi, che fanno parte della nuova Sezione permanente: più di centoventi. Tra esse ne sono state selezionate cinquanta per evitare il sovraffollamento dell’esposizione. Le principali opere avranno una collocazione stabile nella rassegna, mentre le altre saranno esposte a rotazione. Il livello qualitativo della mostra è molto alto, specialmente per quanto concerne i tessuti cinesi del secolo XIX, splendidamente lavorati, appartenuti alla Città Proibita di Pechino, alla religione taoista e alla liturgia cattolica della terra di Confucio. Essi, portati in Italia prima della rivoluzione maoista del 1949, sono sfuggiti provvidenzialmente alla distruzione operata dalle guardie rosse. La loro unicità ne aumenta il valore e certamente accresce l’interesse generale per l’originalità dell’esposizione».
Come si snoda il percorso espositivo nell’ampliato e ristrutturato museo?
L’itinerario si sviluppa come un “filo rosso” che attraversa l’intero Museo diocesano in Pordenone. Prende le mosse da alcuni pannelli esplicativi sulla vita del cardinale Costantini, i quali fanno da preludio a una sala dedicata alle opere storico-artistiche legate all’insigne personaggio, alle imprese da lui compiute in Cina e al loro contesto storico. Il percorso giunge poi all’area del cospicuo “Fondo professor Antonio Bozzetto”. Il traguardo è segnato nell’adiacente Auditorium, che nel corso dell’inaugurazione è stato intitolato al porporato pordenonese. Tale Auditorium ospita due sculture raffiguranti Celso Costantini, raffinati dipinti ed enormi drappi cinesi in raso di seta ricamati nei secoli XVIII-XIX con fili d’oro e policromi, ricchi di simboli della civiltà prosperata nella terra dei Mandarini, con la quale Costantini sviluppò un intenso dialogo interculturale e interreligioso. Ovviamente, a ciascuna opera è affiancato un congruo, ma agile, apparato didascalico a illustrazione della stessa. Il risultato pare eccellente. Il suo riverbero si proietta fino all’Estremo Oriente in un dialogo aperto con la grande cultura cinese.