Dagli all’evasore. Continua la guerra dei radicali contro la Chiesa cattolica «che non paga l’Ici» e, questa volta, passa da Ferrara. Nei giorni scorsi, il partito di Pannella ha realizzato un video, pubblicato anche sul sito del Corriere della Sera, secondo il quale la diocesi estense non avrebbe versato l’imposta comunale per alcuni suoi immobili utilizzati a fini commerciali. Anche stavolta, nessuna verifica delle fonti né diritto di replica alla diocesi; e così, grazie a un servizio pubblicato su Avvenire di ieri, si è scoperto che, invece, la Chiesa ferrarese l’Ici la paga eccome, versando nelle casse dell’amministrazione comunale più di 23mila euro l’anno. Persino il sindaco Tiziano Tagliani si è sentito in dovere di scusarsi personalmente con la diocesi, per avere, l’amministrazione da lui guidata, fornito dati inesatti ai radicali. «Chiediamo scusa – ha detto– perché la nostra errata comunicazione ha indotto gli autori del video a raccontare cose non vere. Dietro questa vicenda c’è anche tanta politica», ha aggiunto, sottolineando la forte carica strumentale dell’operazione “trasparenza”. Laconico il direttore dell’ufficio amministrativo della diocesi, monsignor Danillo Bisarello: «Se i radicali mi avessero chiamato, avrebbero evitato una cantonata». Purtroppo, nessuno l’ha fatto.
Un filmato, realizzato dai radicali di Ferrara, che non riporta una semplice opinione controversa, ma una notizia falsa, un’accusa calunniosa. Un sito, quello del Corriere della sera, che lo rilancia in copertina, per poi farlo sparire ma senza sostituirlo con una rettifica, una smentita, ad esempio pubblicando, nello stesso punto, la documentazione messa a disposizione da Avvenire. Il problema è serio e riguarda il modo di fare informazione oggi in Italia. Riguarda il diritto di essere informati in modo corretto e completo. Riguarda la libertà e la democrazia.
Non a caso, ieri gli ambienti giornalistici più sensibili e attenti si interrogavano seriamente. A cominciare da Roberto Natale. Il presidente nazionale Fnsi (il 'sindacato dei giornalisti') ci risponde mentre sta chiudendo le ultime pratiche della settimana. Riapre il pc, cerca il video, legge le ricostruzioni dei giornali. E scuote la testa: «Qui il problema è uno: se nell’informazione vige un clima da stadio, con le curve che urlano quando segna la propria squadra, ci allontaniamo dal senso della nostra professione: dare ai cittadini e ai decisori la reale portata dei problemi. Perciò – sospira – il tempo speso a verificare una notizia non è mai perso».
La verifica, il cuore della deontologia professionale. La cui assenza si paga ancora più cara quando si maneggia l’informazione on line: la 'patacca', prima che arrivi – se arriva – una smentita, ha già fatto il giro dei social network. «Capita che anche Omero a volte sonnecchi», commenta bonariamente il segretario Fnsi Franco Siddi a proposito dei grandi quotidiani che hanno pubblicato il falso scoop. Poi, però, il suo commento diventa amaro: «Io credo che sia un infortunio, ma è comunque un’ingiustizia. Ho un timore: così come importanti uffici stampa orientano l’informazione finanziaria, in modo altrettanto ossessivo, scientifico e spregiudicato agiscono nel mercato delle idee, pressanti orientatori di opinioni». È vero, però, che l’ultimo errore è solo la ciliegina deforme su una torta ormai insapore, i cui ingredienti sono ancora più grossolani, come l’uso confuso di parole che non significano la stessa cosa: Vaticano, Cei, Santa Sede... Siddi si scuote: «La parola 'Vaticano' è uno specchietto per le allodole, apre un campo in cui è sin troppo facile scatenare fenomeni a catena. Non dovrei, ma sono pessimista. Da un lato la stampa italiana perde qualità, dall’altro facciamo fatica a trovare più di quattro parlamentari a difesa dei giornali che rischiano di restare senza ossigeno. Magari proprio quelli che parlano di poveri, immigrati, rifugiati, disabili, e che semmai Celentano chiuderebbe. A volte, mi creda, mi cadono le braccia...».
Cadono le braccia a Siddi, si drizzano le antenne a Letizia Gonzales, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia: «Ho visto, ho visto tutto. Il video, le pagine di Avvenire,
il sito del Corriere della sera... Sia chiaro che anche nella sua versione on line un quotidiano ha gli stessi doveri della versione in carta stampata, a cominciare dal dovere di verificare e controllare le notizie. E il dovere di smentirle quando si rivelassero errate. Ho acquisito il materiale e lo porterò senz’altro in Consiglio».
Intanto, il sito di via Solferino procedeva con estrema... prudenza. Ieri mattina, il video calunnioso slittava dalla home page diventando un link incastonato nel riassunto del fondo di ieri del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Nel primo pomeriggio spariva anche il link. E soltanto alle 18.30, al suo posto (non in Home Page...), apparivano i documenti, pubblicati da Avvenire già nella tarda sera del giorno precedente, che smascherano il filmato dimostrando che la Chiesa ferrarese paga l’Ici. Che fatica.