Chiesa

Ecumenismo. Solo se uniti in Cristo diamo frutti

Gianni Cardinale lunedì 25 gennaio 2021

I Vespri ecumenici nella Basilica di San Paolo fuori le Mura

Possiamo «crescere e portare frutto solo se uniti a Gesù». E questa «indispensabile unità» ha più livelli, è «costituita da tre anelli concentrici, come quelli di un tronco». Il primo cerchio, quello più interno, «è il rimanere in Gesù», perché «senza di lui non possiamo fare nulla». Il secondo è quello «dell’unità con i cristiani». Il terzo, quello «più ampio», è «l’umanità intera».
Lo ha scritto papa Francesco nell’omelia preparata per i secondi Vespri della conversione di san Paolo Apostolo, a conclusione della 54ª Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema aRimanete nel mio amore: produrrete molto frutto», preso dal capitolo 15 del Vangelo di Giovanni. La tradizionale celebrazione serale nella Basilica ostiense dedicata all’Apostolo delle genti - dove la ricorrenza ha il grado di Solennità, mentre nel Calendario romano generale ha quello di Festa - non ha visto quest’anno la presenza di papa Francesco, bloccato da una sciatalgia che gli ha fatto saltare anche l’udienza con il corpo diplomatico previsto nella mattinata. La liturgia è stata presieduta dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. È stato lui quindi a leggere l’omelia preparata da Francesco.

Attivi e creativi nell'amore

Il cardinale Kurt Koch - Reuters


Alla celebrazione hanno preso parte i rappresentanti delle altre Chiese e comunità ecclesiali presenti a Roma. All’inizio il cardinale Koch, insieme ad un esponente dell’Ortodossia e della Comunione anglicana, è sceso alla tomba dell’Apostolo, sostando per alcuni istanti in preghiera. Nell’omelia il Papa ha invitato a chiedere al Signore «di recidere da noi i pregiudizi sugli altri e gli attaccamenti mondani che impediscono l’unità piena con tutti i suoi figli». «Così – è il suo appello – purificati nell’amore, sapremo mettere in secondo piano gli intralci terreni e gli ostacoli di un tempo, che oggi ci distraggono dal Vangelo». Per Francesco lo Spirito Santo ci porta «ad amare non solo chi ci vuole bene e la pensa come noi, ma tutti, come Gesù ci ha insegnato». Ci rende capaci «di perdonare i nemici e i torti subiti». Ci spinge «ad essere attivi e creativi nell’amore». Ci ricorda «che il prossimo non è solo chi condivide i nostri valori e le nostre idee, ma che noi siamo chiamati a farci prossimi di tutti, buoni samaritani di un’umanità vulnerabile, povera e sofferente, oggi tanto sofferente, che giace per le strade del mondo e che Dio desidera risollevare con compassione». Di qui l’invocazione allo Spirito Santo, «autore della grazia», affinché «ci aiuti a vivere nella gratuità, ad amare anche chi non ci ricambia, perché è nell’amore puro e disinteressato che il Vangelo porta frutto». Ricordando sempre, sottolinea il Pontefice, che sono proprio i «più poveri e bisognosi» le persone nelle quali più facilmente incontriamo Cristo. Per Francesco poi è sempre lo Spirito, che «rinnova la faccia della terra», a esortarci «a prenderci cura della casa comune, a fare scelte audaci sul modo in cui viviamo e consumiamo, perché il contrario del portare frutto è lo sfruttamento ed è indegno sprecare le preziose risorse di cui tanti sono privi».

L'abbraccio ecumenico ai giovani


Nel finale dell’omelia il Papa ha rivolto i suoi «fraterni saluti» ai rappresentanti delle Chiese e comunità ecclesiali presenti alle celebrazioni, e in particolare «ai giovani ortodossi e ortodossi orientali che studiano a Roma con il sostegno del pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani» e «ai professori e agli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, che sarebbero dovuti venire a Roma, come negli anni precedenti, ma non hanno potuto a causa della pandemia» e hanno seguito la celebrazione attraverso i media.