Chiesa

Milano. Delpini: le parrocchie ricche aiutino quelle in difficoltà

Lorenzo Rosoli mercoledì 19 febbraio 2020

L'arcivescovo Delpini celebra la Messa

Le parrocchie ricche aiutino quelle povere e in difficoltà. La «condivisione dei beni» divenga «forma abituale nella comunità cristiana». E i laici, nella gestione degli affari economici, passino dalla collaborazione con i parroci alla corresponsabilità. Giungano, dunque, «ad assumere personalmente responsabilità nell’amministrazione dei beni della comunità e nella gestione delle iniziative».

E se il parroco resta «in ogni caso» il rappresentante legale della parrocchia, i laici disponibili e competenti «potranno assumere il compito di segretario amministrativo (economo) della comunità». Lo scrive l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, nella «Lettera ai membri dei Consigli degli affari economici parrocchiali».

Il testo, intitolato «Amministrare con responsabilità», è stato distribuito ieri sera nella Basilica di Sant’Ambrogio, nel primo dei quattro incontri del presule con i laici impegnati nei Consigli per gli affari economici parrocchiali (Caep). «I parroci sono tutti bravi preti, ma non tutti bravi amministratori! Vi ringrazio della vostra collaborazione e della vostra pazienza», scrive il presule, dando eco nella lettera alle «difficoltà» dei laici nella indispensabile «collaborazione» con i parroci.

In diocesi ci sono «parrocchie in equilibrio», altre che «godono di una certa abbondanza di risorse»; altre invece in difficoltà anche gravi, come quelle che si trovano «in contesti poveri», o sono state gestite con trascuratezza, imprudenza, errori. Lo ricorda il presule, invitando a «ipotizzare forme e strumenti di condivisione tra parrocchie (e altri enti)» secondo la logica «che ispira la Commissione diocesana per la perequazione dei beni», e ribadendo i «criteri irrinunciabili per la gestione dei beni economici della Chiesa».

Dove sono richieste correttezza, osservanza della normativa canonica e civile, trasparenza, assenza di interesse personale. Amministrare i beni delle parrocchie è sempre più difficile, riconosce Delpini. Si pensi alla «generale riduzione delle offerte e delle risorse disponibili per la comunità cristiana, anche a motivo dell’impoverimento e della riduzione numerica di tante persone che partecipano in modo intenso alla vita della comunità» – ed «è giusto che la Chiesa sia più povera quando vive tra poveri», commenta il presule. Incidono poi altri fattori come «il complicarsi della normativa, il ridursi del numero e della generosità dei fedeli – talora condizionati da un’informazione tendenziosa che scredita la Chiesa alimentando pregiudizi –, un contributo inadeguato degli enti pubblici» (i quali, a loro volta, «lamentano una riduzione di risorse»).

Per questo serve incoraggiare la generosità di persone e istituzioni «che sono nell’abbondanza»; come serve «discernimento saggio» per «valorizzare e utilizzare il patrimonio immobiliare». Su tutto: si tratta di educare l’intera comunità a un «sentire condiviso» in materia di beni economici e alla cultura e alla prassi del «sovvenire».

Molteplici le priorità additate dall’arcivescovo: dalla promozione delle offerte deducibili per il sostentamento del clero (anche per poter destinare una quota più alta dell’otto per mille alla carità) alla solidarietà tra parrocchie della diocesi, fino alla sollecitudine verso le «situazioni di povertà» nel mondo. C’è, dunque, un’opera educativa che richiede le idee, l’iniziativa, le competenze dei laici. Come le richiede l’amministrazione dei beni parrocchiali, insiste l’arcivescovo chiamando i laici a non essere più solo «collaboratori e consiglieri» ma «corresponsabili».

Anche per aiutare i preti, che a volte lamentano di essere gravati dall’«eccessivo peso» delle incombenze amministrative, e magari senza avere il tempo e le competenze indispensabili. La chiusa della lettera è per ricordare ai laici che «anche trattando di immobili, di soldi e di bilanci» è possibile «camminare verso la santità».