Chiesa

Città del Vaticano. Per le famiglie misericordia e perdono

Luciano Moia martedì 23 giugno 2015
«La misericordia è la rivelazione della fedeltà e dell’identità di Dio con se stesso e così, al tempo stesso, dimostrazione dell’identità cristiana. Perciò la misericordia non toglie nulla alla verità». Il riferimento alla misericordia, che compare in numerosi punti del testo, è l’autentica chiave di lettura del documento preparatorio al Sinodo ordinario sulla famiglia previsto per il prossimo ottobre. Alla luce della misericordia - che diventa nei vari ambiti della pastorale familiare accoglienza, tenerezza e simpatia - si comprendono  le sottolineature di un testo che sintetizza le risposte al secondo questionario (diffuso nel dicembre dello scorso anno) giunte a decine di migliaia da tutte le comunità del mondo. Il cosiddetto Instrumentum laboris diventa così un vademecum prezioso non solo per comprendere la situazione della famiglia nei cinque continenti, ma soprattutto per cogliere speranze, ipotesi, suggerimenti, valutazioni, percorsi di lavoro in vista dell’assemblea dei vescovi. Va subito chiarito che il documento, sui tanti problemi aperti - dalle convivenze ai divorziati risposati, dalle procedure di nullità alle pastorale per le persone omosessuali - non arriva a proporre alcuna soluzione definitiva, ma si limita a presentare, pur in modo articolato, le diverse opinioni. A proposito delle convivenze per esempio, si suggerisce la necessità di mostrare “apprezzamento e amicizia” nei confronti dei giovani – o meno giovani -  che dimostrano di aver imboccato un percorso coerente con “il disegno creaturale di Dio”. Un atteggiamento necessario, si ribadisce, di fronte al timore che tanti giovani hanno nei confronti dell’impegno “per sempre”. Sempre più spesso – si spiega -  un impegno affettivo a tempo indeterminato, suscita oggi ansia “o addirittura angoscia”. Anche in queste situazioni – ferma restando la dottrina dell’indissolubilità -  occorre sforzarsi di cogliere gli “elementi positivi”, accompagnando quanti vivono il matrimonio civile o la convivenza “nella graduale scoperta dei germi del Verbo che vi si trovano nascosti, per valorizzarli, fino alla pienezza dell’unione sacramentale”. E si tratta di una considerazione, lascia intendere il documento, largamente condivisa da tutti gli episcopati del mondo. Meno uniforme la posizione a proposito di separati, divorziati e risposati. Se l’atteggiamento di fondo si ispira sempre alla misericordia, alla comprensione,  all’accoglienza, al dovere del perdono, la diversità degli approcci pastorali rimane evidente. Il tema è affrontato in modo articolato, sottolineando che l’estrema diversità delle situazioni richiede nuova attenzione e un discernimento più attento. Ogni tentativo di uniformare le risposte, in un ambito così delicato come il fallimento dei progetti di vita, rischia infatti di risultare inappropriata. “C’è un comune accordo – si spiega – sull’ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente, che si trovano in situazione di convivenza irreversibile”. Ma come deve concretizzarsi questa via penitenziale? Qui le opinioni divergono. C’è di suggerisce di mantenere ferma la dottrina tradizionale secondo il dettato di Familiaris consortio. E cioè, in estrema sintesi, “pentimento, comunione spirituale e decisione di vivere in continenza”. Altri intendono invece come itinerario di riconciliazione un processo di “nuovo orientamento” sotto la guida di un presbitero esperto che, informato in modo corretto, possa “far uso della potestà di legare e di sciogliere”. E ancora si ricorda la tradizione ortodossa che, dopo un percorso penitenziale, ammette seconde e terze nozze, però non sacramentali. Al di là dell’accesso ai sacramenti, largamente condivise sono le ipotesi – riferisce sempre il documento – finalizzate a cancellare i divieti “liturgico-pastorali” (per esempio lettura durante la Messa o fare da padrino alla Cresima) riguardanti i divorziati in nuova unione. Per quanto riguarda le famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale – ribadita la necessità del rispetto e dell’accoglienza con sensibilità e delicatezza – si auspica la creazione di “progetti pastorali diocesani con specifica attenzione all’accompagnamento” di queste situazioni. Il nodo autentico sarà ora come strutturare questi percorsi e come armonizzare stili di vita legati all'omosessualità e visione antropologica cristiana.