Domande&risposte. Sinodo per l'Amazzonia, ecco cosa (e come) si è fatto finora
Il Papa con i partecipanti al Sinodo per l'Amazzonia, il 12 ottobre scorso
Cominciato il 6 ottobre con la Messa di apertura, il Sinodo sull’Amazzonia è giunto alla metà del cammino. Dal fine settimana, comincerà la redazione del documento finale che sarà votato dall’Assemblea il 26 ottobre. Se un bilancio esaustivo è ancora impossibile, si può, però, fare il punto del percorso fatto finora dai 185 Padri sinodali, sei delegati fraterni, 12 invitati speciali, 25 esperti nonché 55 uditori e uditrici, tra cui 16 rappresentanti indigeni.
Di che cosa si è discusso finora?
Possiamo individuare, per semplificare, quattro grandi questioni anche se esse sono profondamente intrecciate fra loro. In primo luogo, l’impegno a una conversione ecologica per proteggere l’Amazzonia, organo vitale della casa comune. «Non è detto – hanno affermato in Aula – che ci sia un’altra Arca di Noè per salvarci dal diluvio».
Vari interventi si sono, inoltre, concentrati sul tema dell’interculturalità e dell’inculturazione.
Altro ambito centrale attiene all’azione ecclesiale. In particolare, si è parlato della necessità di garantire ai fedeli una pastorale di presenza e i sacramenti, della questione dei ministeri ordinati e non ordinati, del ruolo dei laici e delle donne nella Chiesa. Infine, da più parti è stata la necessità di un impegno sociale per tutelare i diritti umani dei popoli della regione, gravemente minacciati.
Quale clima caratterizza il dibattito?
Come ha affermato papa Francesco, il Sinodo non è un Parlamento: l’obiettivo non è prendere decisioni bensì discernere insieme. Varie voci hanno riconosciuto il clima di libertà, rispetto e unità in cui si stanno svolgendo i lavori sinodali. Anche le questioni più spinose vengono analizzate con assoluta tranquillità e grande ascolto reciproco.
In che modo si svolgono i lavori?
Le Congregazioni generali – ovvero la riunione dell’intera Assemblea - si alternano ai Circoli minori, dodici gruppi ristretti divisi per lingua (5 per lo spagnolo, 4 per il portoghese, 1 gruppo per il francese e 2 per l’italiano). Dopo la condivisione da parte di questi ultimi delle rispettive relazioni, dal fine settimana, inizierà la redazione del documento finale.
Chi scrive il documento finale?
È stata costituita un’apposita Commissione, presieduta dal Relatore generale del Sinodo, il cardinale Claudio Hummes. Ne fanno autenticamente parte il Segretario generale del Sinodo dei vescovi, il cardinale Lorenzo Baldisseri, il pro-segretario Mario Grech, e i segretari speciali: il neo-cardinale Micheal Czerny e il vescovo di Puerto Maldonado, David Martínez de Aguirre. Nella seconda Congregazione generale di lunedì, l’Assemblea ha eletto i quattro membri di propria nomina: il brasiliano Mário da Silva, vescovo di Boa Vista, il peruviano Héctor Miguel Cabrejo, arcivescovo di Trujillo e presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), il colombiano Nelson Cardona, vescovo di San José del Guaviare, il boliviano Sergio Gualberti Calandrina, vescovo di Santa Cruz de la Sierra. Martedì, papa Francesco ha indicato gli ultimi quattro nomi: il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia accademia per le scienze sociali, Edmundo Valenzuela, arcivescovo di Asunción, padre Rossano Sala, docente della Pontificia università salesiana.
E il resto dell’Assemblea che ruolo ha?
Una prima bozza del testo verrà presentata all’Assemblea lunedì perché quest’ultima possa modificarla con i cosiddetti “modi”. Il processo di discussione e eventuali integrazioni o correzioni dura l’intera settimana, fino alla votazione del sabato successivo. Il documento, comunque, non ha valore decisionale. È una proposta che sarà sottoposta al Pontefice il quale sceglierà se e quali spunti raccogliere nella sua esortazione post-sinodale.