Paolo VI. Semeraro: volle un quotidiano per dare voce ai cristiani
(Siciliani)
Pubblichiamo stralci della prefazione del vescovo di Albano e presidente del Consiglio di amministrazione di Avvenire-Nei Marcello Semeraro al volume di Eliana Versace Paolo VI e Avvenire. Una pagina sconosciuta nella storia della Chiesa (Studium; 187 pagine; 18 euro).
«Il rapporto di Avvenire con Paolo VI non è più - e oramai da tempo - una pagina sconosciuta nella storia della Chiesa in Italia, come si legge nel sottotitolo di questo volume, che ora è nuovamente pubblicato. La ristampa, patrocinata da S. Em. il cardinale Giovanni Battista Re, offre occasione per nuovamente esprimere gratitudine a Eliana Versace per questa sua ponderosa ricerca storica. Essa dimostra che il vincolo del giornale con Paolo VI non è soltanto istituzionale, ma addirittura di origine. Senza la tenace volontà e il forte impegno di papa Montini, Avvenire non sarebbe nato! Quanto scrive l’autrice nei paragrafi introduttivi del libro è vero del tutto: «Se si può riconoscere ad Avvenire un padre, se si dovesse indicare un fondatore, questo fu sicuramente Paolo VI…» (...). A poche settimane dalla prima comparsa nelle edicole di Avvenire, introducendo la preghiera dell’Angelus del 17 novembre 1968 il Papa ricordava ai fedeli «il bisogno di avere e il dovere di sostenere un giornale che rifletta le loro idee, le illustri, le difenda e le diffonda» e spiegava che esso in Italia «è una disposizione della Conferenza episcopale italiana e trae la sua ispirazione dal Decreto conciliare sulle comunicazioni sociali»: una forma delicata di espropriarsi dalla sua opera, per farne dono alla Chiesa italiana.
La lettura di questo volume aiuta a comprendere in forma approfondita il senso delle parole del Papa; importante, tuttavia, è l’aggancio all’evento conciliare. Anche Francesco si richiamerà al Vaticano II durante l’udienza del 1° maggio 2018 alla famiglia di Avvenire, che per il cinquantesimo della nascita desiderava attingere anche visibilmente dalla “cattedra” da cui aveva preso gli inizi. In un contesto ormai profondamente mutato – non solo nel settore comunicazione della Chiesa italiana, ma pure della Santa Sede –, alludendo al n.11 di Gaudium et spes il Papa dirà che «autentici servitori della tradizione sono coloro che, nel farne memoria, sanno discernere i segni dei tempi e aprire nuovi tratti di cammino». Discernere è, per Francesco, l’impegno della Chiesa in questo millennio. Lo è pure per Avvenire. I cinquant’anni trascorsi dalla nascita di Avvenire hanno stemperato alquanto le iniziali difficoltà. All’inizio del capitolo terzo di questo volume Versace richiama ancora, dopo averle analiticamente ricostruite, quelle discussioni: i rimpianti e i timori, la scelta del nome e del direttore, il legame istituzionale con la Cei, la linea editoriale... È pure richiamato l’atteggiamento del quotidiano francese Le Monde, che indicava la nascita del nuovo quotidiano italiano come évenement politique de première grandeur. A proposito, allora, d’impressioni estranee al contesto tipicamente italiano, aggiungo, in conclusione, anche una personale testimonianza. Incontrando, all’inizio di questa estate, il Papa emerito Benedetto XVI, ho avuto la possibilità di fargli dono del volume Voci del verbo Avvenire.
I temi e le idee di un quotidiano cattolico 1968-2018. Era stato preparato in tempo per l’incontro con Francesco. Si tratta di una testimonianza voluta dal nostro quotidiano per ricordare 50 anni di vita. Mentre, dunque, gli illustravo il significato dell’iniziativa e gli ricordavo l’attività del giornale, Benedetto XVI commentava familiarmente: «Come mai per la Chiesa in Germania non si è pensato a qualcosa di simile?». Gli ho replicato sorridendo: «Santità, come posso saperlo? La stessa cosa, però, lei me l’ha detta nel maggio 2008 mentre nell’atrio dell’Aula Paolo VI si visitava la mostra di Avvenire, allestita per il quarantesimo anniversario di fondazione». E papa Benedetto, sorridendo anch’egli ha risposto: «L’ho già detto? Ma lo domando davvero: come mai non si è pensato?». Penso che la benevola sorpresa di Benedetto XVI si possa pure intendere come attestato di ammirazione per Paolo VI e come augurio per il nostro giornale.