È un appuntamento a suo modo storico per l’Associazione guide e scout cattolici italiani quello che inizia domani, lo sottolineano i presidenti del comitato nazionale Agesci, Matteo Spanò e Marilina Laforgia. È infatti la terza route nazionale in quarant’anni di vits della più grande associazione scoutistica d’Italia. Muoverà i suoi passi in varie località del Paese, con i cosiddetti campi mobili, e avrà il suo culmine a San Rossore (Pisa) dal 7 al 10 agosto.
Per chi non conoscesse il mondo scout, cos’è una route? Laforgia: È un’esperienza di strada, di diversi giorni, con lo zaino sulle spalle, che coinvolgerà i rover e le scolte, ragazzi e ragazze dai 16 ai 21 anni. È un’esperienza di essenzialità e anche di precarietà: si pianta la tende alla sera e la si smonta alla mattina. Esperienza che ha un forte valore formativo e simbolico: la strada come la vita.
Come si svolgerà la prima parte, da domani al 5 agosto? Spanò: Ci saranno 500 campi mobili, ossia percorsi, fatti da clan gemellati: uno del nord, uno del centro e uno del sud, un modo per riunificare anche simbolicamente l’Italia. Percorsi che si svolgeranno in luoghi significativi dal punto di vista della naturalistico e storico. Una volta terminati, i ragazzi raggiungeranno San Rossore in pullman o in treno.
Perché proprio quest’anno la terza route nazionale in 40 anni? Laforgia: La prima fu nel 1975, l’Agesci era nata un anno prima dalla fusione di Aci e Agi: bisognava ridefinire una identità collettiva. La seconda fu nel 1986, un altro momento di trasformazione, il suo slogan fu “Le scelte per un mondo che cambia”. Oggi, a quattro decenni dall’inizio della nostra storia, sentiamo ancora una volta il bisogno di chiedere ai ragazzi di quale coraggio abbiamo bisogno per costruire il futuro, il tema infatti è “Strade di coraggio... diritti al futuro!”. Questa route nasce dal bisogno di mettersi in ascolto dei ragazzi e di invitarli a riflettere, a far sentire la loro voce al mondo adulto.
C’è un legame con la crisi sociale ed economica in corso? Spanò: L’Agesci è un’associazione che vive nella storia e prende atto di una situazione di difficoltà generale, in cui la parola speranza è stata depotenziata se non eliminata. L’approccio è quello della responsabilità: trovare il coraggio per costruire qualcosa di nuovo e non solo limitarsi a constatare ciò che sta accadendo.
Come si svolgeranno i giorni a San Rossore? Laforgia: Ci saranno un momento inaugurale e uno conclusivo, con i 30mila ragazzi insieme – la Messa di fine route sarà celebrata il 10 agosto dal cardinale Angelo Bagnasco. Nel resto del tempo saranno impegnati in tavole rotonde – dove potranno incontrare testimoni del nostro tempo ed esempi di coraggio, autorità civili a persone impegnate nel sociale – e laboratori. Da qui uscirà una “Carta del coraggio”, che sarà anche un’esperienza di democrazia partecipativa. Saranno raccolti i frutti delle esperienze vissute nei territori, e verrà rivolto un messaggio all’Italia ma anche all’Europa, che per noi è una dimensione fondamentale. Saranno con noi come rappresentanti delle istituzioni i presidenti di Camera e Senato, ma abbiamo invitato anche il presidente di Parlamento e Commissione europea. Sicura è la presenza di alcuni europarlamentari.
Quali sono le vostre aspettative per questa route? Laforgia: Durante questi mesi ci siamo ripetuti spesso: “da settembre l’Agesci sarà un’associazione nuova”. Ci attendiamo che la parte più giovane dell’associazione ci dia le coordinate per una fase nuova. Per oltre un anno i rover e le scolte hanno percorso strade di coraggio – esperienze con gli ultimi, di cittadinanza attiva, di comunione ecclesiale. E la “Carta del coraggio” che verrà redatta non sarà un gesto formale: sarà un documento passato per le mani e i cuori di 30mila ragazzi che saranno gli uomini e le donne che faranno l’Italia di domani.