LE PAROLE DI PIETRO. «Sant’Agostino, modello dell’inquieto in ricerca»
Francesco ieri pomeriggio l’ha pronunciata più volte nell’omelia della Messa celebrata, in occasione della memoria liturgica di sant’Agostino, nella Basilica a questi dedicata al centro di Roma. Così si è aperto anche il 184° Capitolo generale dell’Ordine fondato nel 1244. E perciò ai 90 padri presenti (che rappresentavano i quasi tremila confratelli di tutto il mondo) il Pontefice ha augurato: «Chiediamo al Signore che conservi nel nostro cuore l’inquietudine spirituale di ricercarlo sempre, di annunciarlo con coraggio, l’inquietudine dell’amore verso ogni fratello e sorella».
Il pericolo che tutti i consacrati devono evitare è infatti quello di diventare «zitelloni», cioè persone non pastoralmente feconde. Inquietudine in una triplice direzione, quindi. Il che rende anche molto attuale l’insegnamento di Agostino. Il santo nato a Tagaste, inÈ fatti, ha vissuto «un’esperienza abbastanza comune anche tra i giovani di oggi». «Educato nella fede cristiana, se ne allontana. Non rinuncia al divertimento spensierato, agli spettacoli del tempo». Ma grazie alla sua intelligenza «intraprende una brillante carriera». In sostanza, ha commentato il Papa, egli «è un uomo 'arrivato'». Ma «non si chiude in se stesso, continua a cercare la verità, il senso della vita, il volto di Dio. Certo commette errori, prende anche vie sbagliate, pecca; ma non perde l’inquietudine della ricerca spirituale».
Perciò Francesco si è rivolto «a chi si sente indifferente verso Dio, verso la fede, a chi è lontano da Dio o l’ha abbandonato ». «Guarda nel profondo del tuo cuore – ha raccomandato – e domandati: il tuo cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o l’hai lasciato soffocare dalle cose, che finiscono per atrofizzarlo? Dio ti attende, ti cerca: che cosa rispondi? Ti sei accorto di questa situazione della tua anima? Oppure dormi?». Così l’omelia ha assunto quasi la fisionomia di un esame di coscienza. A proposito dell’inquietudine dell’incontro con Dio, Francesco ha ricordato come Agostino che desiderava una tranquilla vita di studi, fu poi chiamato ad essere vescovo, diventando «immagine di Gesù buon pastore che conosce le sue pecore, anzi, come amo ripetere – ha sottolineato il Pontefice –, pastore che sente l’odore del suo gregge ed esce a cercare quelle smarrite».
Di qui la sua riflessione: «Sono inquieto per Dio, per annunciarlo, per farlo conoscere? O mi lascio affascinare da quella mondanità spirituale che spinge a fare tutto per amore di se stessi? Mi sono per così dire 'accomodato' nella mia vita cristiana, nella mia vita sacerdotale, nella mia vita religiosa, anche nella vita di comunità, o conservo la forza dell’inquietudine per Dio, per la sua Parola, che mi porta ad 'andare fuori', verso gli altri?». Infine il Papa ha parlato dell’inquietudine dell’amore, ricordando l’esempio di santa Monica, madre di Agostino. Inquietudine dell’amore significa «cercare sempre, senza sosta, il bene dell’altro». E dunque, ha ricordato Francesco, «ci lasciamo inquietare dalle necessità degli altri o rimaniamo chiusi in noi stessi, nelle nostre comunità, che molte volte sono per noi 'comunità-comodità'?».
A volte, ha notato il Pontefice, «si può vivere in un condominio senza conoscere chi ci vive accanto; oppure si può essere in comunità, senza conoscere veramente il proprio confratello: con dolore penso ai consacrati che non sono fecondi, che sono 'zitelloni'». L’inquietudine dell’amore, ha concluso il Papa, «ci regala il dono della fecondità pastorale ». La celebrazione si è svolta in un clima di profondo raccoglimento, con canti solenni ispirati ai più celebri scritti agostiniani. Fuori dalla Basilica il Papa (che portava in mano la sua mitria avvolta in una custodia di stoffa), è stato salutato festosamente dai fedeli e da gruppi di turisti piacevolmente sorpresi del suo arrivo. Mentre all’interno della Basilica, all’inizio della Messa è stato il priore generale, Robert F. Prevost, a rivolgergli un caloroso benvenuto.