Sabato Santo. Che cosa dice alla nostra vita la permanenza di Cristo nel sepolcro
Sabato Santo è giorno di preghiera e silenzio
Che strano giorno è il Sabato Santo. Giorno del silenzio per la Chiesa. L’unico in cui non viene celebrata l’Eucaristia. E quindi anche giorno del silenzio di Dio, una sorta di terra di mezzo tra il venerdì di morte e la domenica di risurrezione. Urs von Balthasar, uno dei più grandi teologi del Novecento, ha scritto che Gesù non è solo il Crocifisso e il Risorto, è anche il Cadavere del Sabato Santo. Ed è fin troppo facile oggi citare Friedrich Nietzsche e il suo «Dio è morto».
Ma è proprio questo strano giorno, terra di nessuno tra la morte e la vita, a rispecchiare più di ogni altro la nostra condizione umana. Che cos’è infatti l’esistenza se non un Sabato Santo sospeso tra la certezza della morte corporale e la speranza che in Cristo risorgeremo anche con il corpo? Che cosa ci dicono la storia e le cronache di questi nostri tempi se non che l’oscurità in cui il mondo si dibatte è simile a quella che dovette scendere sugli Apostoli dopo la morte del Maestro? Benedetto XVI, nel discorso tenuto a Torino il 2 maggio 2010 per l’ostensione della Sindone (da lui definita proprio «icona del Sabato Santo»), notò: «Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo; l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità». E lo sappiamo bene anche all’inizio del XXI secolo, segnato da terrorismo, guerre, pandemia, cambiamenti climatici e fenomeni epocali come le migrazioni.
Ecco un primo punto fermo del Sabato Santo. Un aspetto che rende più comprensibile la sua “stranezza”. Perché questo è il giorno in cui la nostra umanità è chiamata a confrontarsi con il mistero della morte. Ineludibile, per ogni essere umano. Ma possiamo e dobbiamo chiederci: anche definitiva? È in fondo l’eterna domanda dell’uomo, dalle caverne ai viaggi nello spazio. E potremmo riformularla così: possibile che l’esistenza terrena sia solo uno squarcio di luce tra due infiniti oceani di tenebre?
Il Sabato Santo, l’ora più buia di Dio, ci viene in soccorso proprio con la sua “stranezza”, con la natura spuria di giorno sospeso tra la morte e la risurrezione. E se è vero che in esso abbiamo davanti agli occhi l’uomo della Sindone, un cadavere straordinariamente somigliante al Cristo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato, è anche vero che proprio quel telo ci parla anche di altro. Sempre Benedetto XVI, nel già citato discorso di Torino, ricorda che il lino sindonico è contemporaneamente come il negativo e il positivo di una fotografia. E se sul negativo porta impressi i segni della morte, sul positivo già annuncia la più straordinaria impresa d’amore che Dio ha compiuto per il genere umano.
«Che cosa è avvenuto? – leggiamo in un’antica omelia proprio dedicata al Sabato Santo – Oggi sulla terra c’è un grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme… Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi». È un ulteriore passo avanti per ricondurre la “stranezza” di questo giorno a una più piena comprensione. La discesa agli inferi, si pensi a Omero nell’Odissea, è stata anche una costante della cultura classica, con l’impossibilità però di andare oltre un Ade invincibile nella sua tenebra. Invece, è l’esperienza del Dio fatto uomo, morto e risorto, a cambiare totalmente le carte in tavola. Cristo, restando nella morte per un giorno e mezzo, ha oltrepassato la porta dell’infinita solitudine dell’uomo di fronte alla morte e ha fatto risuonare la voce della vita anche in quel luogo in cui ogni vita si annulla. Diceva papa Ratzinger: «È successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”. Anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che prende e ci conduce fuori».
Così, nell’ora più buia del giorno più silenzioso e più strano, si accende la scintilla che deflagrerà domani. Come sintetizza mirabilmente la sequenza di Pasqua, «Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa». Allo stesso modo, contemplando il mistero di questo giorno, possiamo trovare una risposta di senso e di speranza alle angosce esistenziali di quel grande Sabato Santo che è la nostra vita e la nostra epoca.