Giovanni XXIII, il Papa della grande e profetica enciclica «Pacem in terris», è forse l’unico Pontefice di cui si conservano foto in divisa o in tonaca con le stellette. Tra il 1901 e il 1902, infatti, il ventenne Angelo Giuseppe Roncalli sospende per un anno i suoi studi al Seminario romano per il servizio militare compiuto in Bergamo, dove si congedò con il grado di sergente. Il 24 maggio 1915, poi, sacerdote da un decennio, allo scoppio della Grande guerra è richiamato in servizio militare con il grado di sergente di sanità, presso l’Ospedale Militare Principale di Milano. Trasferito successivamente presso gli Ospedali militari sussidiari di Bergamo, il 28 marzo 1916 è nominato cappellano militare, col grado di tenente. Roncalli ha scritto e parlato più volte della sua esperienza militare. Particolarmente significativo rimane tuttavia il discorso che, da Papa, tenne davanti ai membri dell’Associazione nazionale italiana dei cappellani militari in congedo, ricevuti in udienza l’11 giugno 1959 presso la Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani. Nell’occasione il Pontefice, che verrà canonizzato il prossimo 27 aprile, spiega di non voler «rifare» la storia, «così ricca di insegnamenti», di quei due periodi della sua vita, storia «già largamente divulgata e un poco favoleggiata dai giornali». Tuttavia Giovanni XXIII ricorda che il primo servizio militare «fu anzitutto per noi assai utile e fecondo, perché, permettendoci una vasta conoscenza di persone, in condizioni tutte particolari di vita, ci diede la preziosa possibilità di penetrare sempre più a fondo nell’animo umano, con incalcolabile giovamento per la nostra preparazione al ministero sacerdotale». Per papa Roncalli quindi quella è stata una epoca «di spirituale arricchimento, a cui si aggiunge l’opera costruttiva della disciplina militare, che forma i caratteri, plasma le volontà, educandole alla rinunzia, al dominio di sé, all’obbedienza ». Parlando poi del periodo passato come cappellano negli ospedali durante la Grande guerra, il prossimo santo lo definisce «indimenticabile»: «Esso ci fece raccogliere nel gemito dei feriti e dei malati l’universale aspirazione alla pace, sommo bene dell’umanità». «Mai come allora – aggiunge – sentimmo quale sia il desiderio di pace dell’uomo, specialmente di chi, come il soldato, confida di prepararne le basi per il futuro col suo personale sacrificio, e spesso con l’immolazione suprema della vita. Nel suo discorso del 1959 il Papa che ha indetto il Concilio Vaticano II spende una parola a favore della «figura del cappellano militare, che rappresenta un aspetto nuovo e preziosissimo del moderno apostolato». Per Giovanni XXIII «i cappellani di ieri e quelli di oggi, nelle varie specialità di cui è loro affidata la cura spirituale, rappresentano infatti una possibilità nuova ed immensa di bene, sulla quale la Chiesa fa grandissimo assegnamento ». «Essi – aggiunge il 'Papa buono' – vanno verso schiere innumerevoli di anime giovanili, robuste e gagliarde, ma talora esposte a gravi pericoli spirituali, per indirizzarle e formarle al bene». «Così avete fatto voi nel passato, – ricorda infine ai cappellani in pensione – così fanno oggi i vostri più giovani confratelli, ai quali va l’attenzione sollecita dell’Ordinariato per prepararli adeguatamente alle gravi responsabilità che li attendono».