Santa Sede. Il testo sulla benedizione delle coppie irregolari? Non eretico né blasfemo
Una coppia irregolare
Ha suscitato dibattito la Dichiarazione dottrinale “Fiducia supplicans” che apre alle benedizioni per coppie “irregolari”, comprese le coppie omosessuali. Un testo del Dicastero per la dottrina della fede, approvato dal Papa, che si è portato dietro reazioni di Conferenze episcopali e vescovi in tutto il mondo. Interrogativi o dubbi che hanno spinto il cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández e il segretario per la Sezione dottrinale monsignor Armando Matteo a scrivere una Nota stampa a loro firma che chiarisce una serie di punti. «Evidentemente, non ci sarebbe lo spazio per prendere le distanze dottrinali da questa Dichiarazione o per considerarla eretica, contraria alla tradizione della Chiesa o blasfema», si legge nella Nota stampa diffusa in queste ore. Nella stessa Nota si spiega che la dottrina sul matrimonio non cambia, che i vescovi possono discernere l’applicazione a seconda dei contesti, che le benedizioni pastorali non sono paragonabili a quelle liturgiche e ritualizzate. Di seguito il testo integrale della Nota.
Scriviamo questo Comunicato stampa per aiutare a chiarire la ricezione di Fiducia supplicans, raccomandando al contempo una lettura completa e attenta della Dichiarazione per comprendere meglio il significato della sua proposta.
1. Dottrina
I comprensibili pronunciamenti di alcune Conferenze episcopali sul documento Fiducia supplicans hanno il valore di evidenziare la necessità di un periodo più lungo di riflessione pastorale. Quanto espresso da queste Conferenze episcopali non può essere interpretato come un’opposizione dottrinale, perché il documento è chiaro e classico sul matrimonio e sulla sessualità. Ci sono diverse frasi forti nella Dichiarazione che non lasciano dubbi:
«La presente Dichiarazione resta ferma sulla dottrina tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che possano creare confusione». Si agisce, di fronte a coppie irregolari, «senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio» (Presentazione).
«Sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio, quale “unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli” e ciò che lo contraddice. Questa convinzione è fondata sulla perenne dottrina cattolica del matrimonio. Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano. La dottrina della Chiesa su questo punto resta ferma» (4).
«Tale è anche il senso del Responsum dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede laddove afferma che la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione ad unioni fra persone dello stesso sesso» (5).
«Dato che la Chiesa ha da sempre considerato moralmente leciti soltanto quei rapporti sessuali che sono vissuti all’interno del matrimonio, essa non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale» (11).
Evidentemente, non ci sarebbe lo spazio per prendere le distanze dottrinali da questa Dichiarazione o per considerarla eretica, contraria alla Tradizione della Chiesa o blasfema.
2. Ricezione pratica
Alcuni Vescovi, tuttavia, si esprimono in modo particolare a riguardo di un aspetto pratico: le possibili benedizioni di coppie irregolari. La Dichiarazione contiene la proposta di brevi e semplici benedizioni pastorali (non liturgiche né ritualizzate) di coppie irregolari (non delle unioni), sottolineando che si tratta di benedizioni senza forma liturgica che non approvano né giustificano la situazione in cui si trovano queste persone.
I documenti del Dicastero per la Dottrina della Fede come Fiducia supplicans possono richiedere, nei loro aspetti pratici, più o meno tempo per la loro applicazione a seconda dei contesti locali e del discernimento di ogni Vescovo diocesano con la sua Diocesi. In alcuni luoghi non ci sono difficoltà per un’applicazione immediata, in altri si dà la necessità di non innovare nulla mentre ci si prende tutto il tempo necessario per la lettura e l’interpretazione.
Alcuni Vescovi, ad esempio, hanno stabilito che ogni sacerdote deve compiere un’opera di discernimento e che potrà, tuttavia, eseguire queste benedizioni solo in privato. Nulla di tutto ciò è problematico se viene espresso con il dovuto rispetto per un testo firmato e approvato dallo stesso Sommo Pontefice, cercando in qualche modo di accogliere la riflessione in esso contenuta.
Ogni Vescovo locale, in virtù del suo proprio ministero, ha sempre il potere di discernimento in loco, cioè in quel luogo concreto che conosce più di altri perché è il suo gregge. La prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti.
3. La situazione delicata di alcuni Paesi
Il caso di alcune Conferenze episcopali deve essere compreso nel proprio contesto. In diversi Paesi ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine.
Se ci sono legislazioni che condannano con il carcere e in alcuni casi con la tortura e perfino con la morte il solo fatto di dichiararsi omosessuale, va da sé che sarebbe imprudente una benedizione. È evidente che i Vescovi non vogliono esporre le persone omosessuali alla violenza. Resta importante che queste Conferenze episcopali non sostengano una dottrina differente da quella della Dichiarazione approvata dal Papa, in quanto è la dottrina di sempre, ma piuttosto che propongano la necessità di uno studio e di un discernimento per agire con prudenza pastorale in un tale contesto.
In verità, non sono pochi i Paesi che in varia misura condannano, proibiscono e criminalizzano l’omosessualità. In questi casi, al di là della questione delle benedizioni, vi è un compito pastorale grande e di largo respiro che include formazione, difesa della dignità umana, insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa e diverse strategie che non ammettono fretta.
4. La vera novità del documento
La vera novità di questa Dichiarazione, quella che richiede un generoso sforzo di ricezione e da cui nessuno dovrebbe dichiararsi escluso, non è la possibilità di benedire coppie irregolari. È l’invito a distinguere tra due forme differenti di benedizioni: “liturgiche o ritualizzate” e “spontanee o pastorali”. Nella Presentazione si spiega chiaramente che «il valore di questo documento è […] quello di offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni, che permette di ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata a una prospettiva liturgica». Questa «riflessione teologica, basata sulla visione pastorale di Papa Francesco, implica un vero sviluppo rispetto a quanto è stato detto sulle benedizioni nel Magistero e nei testi ufficiali della Chiesa».
Sullo sfondo si situa la valutazione positiva della “pastorale popolare” che appare in molti testi del Santo Padre. In questo contesto, il Santo Padre ci invita a una valorizzazione della fede semplice del Popolo di Dio, che anche in mezzo ai suoi peccati esce dall’immanenza e apre il suo cuore per chiedere l’aiuto di Dio.
Per questa ragione, più che a riguardo della benedizione di coppie irregolari, il testo del Dicastero ha adottato l’alto profilo di una “Dichiarazione”, che rappresenta molto di più di un responsum o di una lettera. Il tema centrale, che ci invita in modo particolare ad un approfondimento che arricchisca la nostra prassi pastorale, è la comprensione più ampia delle benedizioni e la proposta di accrescere le benedizioni pastorali, che non esigono le medesime condizioni delle benedizioni in un contesto liturgico o rituale. Di conseguenza, al di là della polemica, il testo richiede uno sforzo di riflessione serena, con cuore di pastori, scevro da ogni ideologia.
Sebbene qualche Vescovo consideri prudente per il momento non dare queste benedizioni, resta vero che tutti necessitiamo di crescere nella convinzione che le benedizioni non ritualizzate non sono una consacrazione della persona o della coppia che le riceve, non sono una giustificazione di tutte le sue azioni, non sono una ratifica della vita che conduce. Quando il Papa ci ha chiesto di crescere in una comprensione più ampia delle benedizioni pastorali, ci ha proposto di pensare ad un modo di benedire che non richiede di porre tante condizioni per realizzare questo semplice gesto di vicinanza pastorale, che è un mezzo per promuovere l’apertura a Dio in mezzo alle più diverse circostanze.
5. Come si presentano concretamente queste “benedizioni pastorali”?
Per distinguersi chiaramente dalle benedizioni liturgiche o ritualizzate, le “benedizioni pastorali” debbono essere soprattutto molto brevi (cfr. n. 28). Si tratta di benedizioni di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale. Se si avvicinano insieme due persone per invocarla, semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone che la richiedono. Allo stesso tempo si chiede che possano vivere il Vangelo di Cristo in piena fedeltà e che lo Spirito Santo possa liberare queste due persone da tutto ciò che non corrisponde alla sua volontà divina e di tutto ciò che richiede purificazione.
Questa forma di benedizione non ritualizzata, con la semplicità e la brevità della sua forma, non pretende di giustificare qualcosa che non sia moralmente accettabile. Ovviamente non è un matrimonio, ma non è neanche un’“approvazione” né la ratifica di qualcosa. È unicamente la risposta di un pastore a due persone che chiedono l’aiuto di Dio. Perciò, in questo caso, il pastore non pone condizioni e non vuole conoscere la vita intima di queste persone.
Poiché alcuni hanno manifestato la domanda sul come potrebbero essere queste benedizioni, vediamo un esempio concreto: immaginiamo che in mezzo ad un grande pellegrinaggio una coppia di divorziati in una nuova unione dicano al sacerdote: “Per favore ci dia una benedizione, non riusciamo a trovare lavoro, lui è molto malato, non abbiamo una casa, la vita sta diventando molto pesante: che Dio ci aiuti!”.
In questo caso, il sacerdote può recitare una semplice orazione come questa: «Signore, guarda a questi tuoi figli, concedi loro salute, lavoro, pace e reciproco aiuto. Liberali da tutto ciò che contraddice il tuo Vangelo e concedi loro di vivere secondo la tua volontà. Amen». E conclude con il segno della croce su ciascuno dei due.
Si tratta di 10 o 15 secondi. Ha senso negare questo tipo di benedizioni a queste due persone che la implorano? Non è il caso di sostenere la loro fede, poca o molta che sia, di aiutare le loro debolezza con la benedizione divina, e di dare un canale a questa apertura alla trascendenza che potrebbe condurli a essere più fedeli al Vangelo?
A scanso di equivoci, la Dichiarazione aggiunge che, quando la benedizione è chiesta da una coppia in situazione irregolare, «benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici […] questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso» (39). Resta chiaro, pertanto, che non deve avvenire in un posto importante dell’edificio sacro o di fronte all’altare, perché anche questo creerebbe confusione.
Per questa ragione, ogni Vescovo nella sua Diocesi è autorizzato dalla Dichiarazione Fiducia supplicans ad attivare questo tipo di benedizioni semplici, con tutte le raccomandazioni di prudenza e di attenzione, ma in nessun modo è autorizzato a proporre o ad attivare benedizioni che possano somigliare a un rito liturgico.
6. Catechesi
In alcuni luoghi, forse, sarà necessaria una catechesi che aiuti tutti a intendere che questo tipo di benedizioni non sono una ratifica della vita che conducono coloro che le invocano. Ancora di meno sono una assoluzione, in quanto questi gesti sono lontani dall’essere un sacramento o un rito. Sono semplici espressioni di vicinanza pastorale che non pongono le medesime esigenze di un sacramento né di un rito formale. Dovremo abituarci tutti ad accettare il fatto che, se un sacerdote dà questo tipo di benedizioni semplici, non è un eretico, non ratifica nulla, non sta negando la dottrina cattolica.
Possiamo aiutare il Popolo di Dio a scoprire che questo tipo di benedizioni sono solo semplici canali pastorali che aiutano le persone a manifestare la propria fede, sebbene siano grandi peccatori. Per questo, nel dare queste benedizioni a due persone che insieme si avvicinano per implorarla spontaneamente, non le stiamo consacrando né ci stiamo congratulando con loro né stiamo approvando questo tipo di unione. In realtà lo stesso accade quando si benedicono i singoli individui, in quanto il singolo individuo che chiede una benedizione – non l’assoluzione – potrebbe essere un grande peccatore, ma non per questo gli neghiamo questo gesto paterno nel mezzo della sua lotta per sopravvivere.
Se questo viene chiarito grazie ad una buona catechesi, possiamo liberarci dalla paura che queste nostre benedizioni possano esprimere qualcosa di inadeguato. Possiamo essere ministri più liberi e forse più vicini e fecondi, con un ministero carico di gesti di paternità e di vicinanza, senza paura di essere fraintesi.
Chiediamo al Signore appena nato di riversare su tutti una generosa e gratuita benedizione per poter vivere un santo e felice 2024.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
Mons. Armando Matteo
Segretario per la Sezione Dottrinale