Ecuador. Eucaristia al centro della vita. La fede di un popolo che parla al mondo
Si è concluso domenica a Quito il 53° Congresso eucaristico internazionale. Chiediamo alcune riflessioni finali sull’evento al vescovo di Mantova, Gianmarco Busca, presidente della Commissione episcopale per la liturgia, che ha guidato la delegazione della Cei.
Eccellenza, quale impressione ha avuto della società e del cattolicesimo ecuadoregno?
La città di Quito è lo specchio di una società variegata e contraddittoria in cui coesistono gravi forme di povertà e grandi potenzialità. Appena si giunge a Quito, infatti, è facile vedere edifici moderni e case fatiscenti che rivelano un sistema con numerosi problemi e conflitti sociali, ma anche tanta voglia di riscatto e di rinascita culturale. Abbiamo avuto anche l’impatto con una città in cui sono presenti diverse culture, che hanno contribuito a definire il tratto identitario del popolo ecuadoregno. Questa multiculturalità ha connotato anche l’esperienza religiosa e spirituale del popolo.
Che tipo di accoglienza vi ha riservato la diocesi di Quito?
Il Congresso eucaristico prevede un lungo cammino di preparazione, che la Chiesa di Quito, con il suo vescovo, ha iniziato all’indomani della chiusura del Congresso di Budapest. Si è trattato di un grande impegno, che ha permesso di accogliere con premura umana e attenzione ecclesiale le 53 delegazioni provenienti da tutto il mondo. Abbiamo particolarmente apprezzato il coinvolgimento dei numerosi volontari, spesso giovani, che ci hanno accompagnato nei diversi momenti di preghiera e di riflessione previsti dal programma.
La delegazione Cei al Congresso eucaristico internazionale di Quito - Cei
Come si è sperimentata la centralità dell’Eucaristia in questi giorni?
Indubbiamente al centro di questi giorni c’è stata l’Eucaristia. Abbiamo riflettuto su come essa può rappresentare il lievito buono per crescere nella fraternità e per sanare il mondo dalle sue ferite. L’importanza di un congresso eucaristico si esprime soprattutto attraverso i momenti celebrativi vissuti insieme. Ci siamo ritrovati attorno all’altare, sperimentando la cattolicità della Chiesa e nutrendoci del pane di vita. Abbiamo sostato individualmente e silenziosamente davanti al Santissimo Sacramento, presentando al Signore le nostre ferite e quelle del mondo perché le possa guarire. Ci siamo fatti pellegrini per le vie della città di Quito, adorando l’Eucaristia quale centro della nostra vita e cuore del mondo.
A proposito della processione eucaristica, abbiamo visto una grande partecipazione.
La processione eucaristica è stata uno dei momenti più importanti del Congresso, in cui abbiamo toccato con mano la mistica dei piccoli e dei poveri, espressa tramite una grande compostezza e da una forte dimensione partecipativa ed emotiva. È stata una vera immersione nella spiritualità eucaristica del popolo ecuadoregno. Di questa coralità ci siamo sentiti parte integrante, unendoci ai canti tipici, sostando davanti alle chiese addobbate con immagini popolari e attraversando le strade ornate dalle numerose infiorate artistiche. Durante la processione, seppur particolarmente lunga e affollata, ci siamo sentiti un unico corpo, che ha espresso una fede a tutti comune.
Il congresso non è stato soltanto occasione di preghiera, ma anche di riflessione su temi relativi alla fraternità, e al suo legame con l’Eucaristia. Di cosa si è parlato? Può fare qualche esempio?
Con il tema “Fraternità per sanare il mondo. Voi siete tutti fratelli”, il congresso di Quito ha esplorato la fraternità come fondamento della trasformazione sociale e spirituale, richiamando l’invito di papa Francesco a vivere la mistica della comunità e della solidarietà e l’impegno della Chiesa universale nel cammino sinodale. L’evento ha collegato l’Eucaristia al cammino sinodale, all’inculturazione dei riti e al coinvolgimento di tutte le vocazioni nel costruire una “carovana solidale” di vera fraternità. Oltre ai temi di approfondimento, ciò che è stato interessante è la modalità proposta. Con un metodo che prevedeva, oltre la conferenza frontale, uno spazio di silenzio per le risonanze e poi un confronto più dialogico facilitato da un moderatore. Interessante anche la scelta dei relatori, che includeva tutte le vocazioni: coppie sposate, forme di vita consacrata, anche claustrali, sacerdoti e vescovi, laici impegnati nel servizio al popolo di Dio.
La Messa celebrata dal vescovo Busca con la comunità parrocchiale “San Juan Bautista” di Guangaje, in Ecuador - Cei
Oltre ai lavori congressuali, la delegazione ha vissuto qualche esperienza insieme alla popolazione?
Durante i giorni del congresso abbiamo avuto l’opportunità di incontrare la comunità parrocchiale di “San Juan Bautista” di Guangaje, posta a quasi 4000 metri di altitudine, della diocesi di Latacunga, con padre Claudio Bernardi e i suoi collaboratori del Mato Grosso. Questa esperienza ci ha permesso davvero di entrare a contatto con i nostri missionari Italiani e con le situazioni di povertà in cui si spendono, segno concreto di questa “Fraternità per sanare il mondo”. È stato per noi un momento di particolare gioia partecipare alla celebrazione eucaristica, particolarmente curata e composta, e alla festa di conclusione dell’anno oratoriano ed inizio anno scolastico.
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