La musica. «Ringrazio Dio per avermi posto accanto questa compagna di viaggio»
Benedetto XVI seduto al pianoforte a Les Combes, in Val d’Aosta, durante la sua prima vacanza estiva da Pontefice nel 2005
La foto che ha fatto il giro del mondo è dell’estate 2005. Joseph Ratzinger era Papa da qualche mese, dal 19 aprile (e qualche giorno prima aveva compiuto 78 anni). Estate 2005. Per qualche giorno di vacanza aveva scelto Les Combes, in Valle d’Aosta, lo stesso chalet dove si recava san Giovanni Paolo II. Ecco lo scatto, Benedetto XVI al pianoforte, un pianoforte a muro. Sul piano una partitura di Johann Sebastian Bach.
«Un autore che esprime irresistibilmente la presenza della verità di Dio». Gli occhi fissi sulla partitura aperta sul leggio, Wolfgang Amadeus Mozart, naturalmente. Perché «un affetto particolare mi lega, potrei dire da sempre, a questo sommo musicista» rivelava il Papa (allora non ancora emerito) nel 2010, a Castel Gandolfo, dopo aver ascoltato il Requiem del compositore di Salisburgo. Uno scatto che ha raccontato a tutti la passione per la musica di Joseph Ratzinger. Nata in famiglia grazie all’harmonium regalato a Joseph e al fratello Georg (sacerdote anche lui, a lungo direttore del coro della cattedrale di Ratisbona) dal padre che, come il futuro Papa, si chiamava Joseph.
«Nel guardare indietro alla mia vita, ringrazio Dio per avermi posto accanto la musica quasi come una compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia» diceva il 16 aprile del 2007 quando, per il suo ottantesimo compleanno, Gustavo Dudamel in Aula Paolo VI diresse la Stuttgarter Radio-Symphonieorchesters des Swr. Perché, sottolineava il Pontefice, «la musica è veramente il linguaggio universale della bellezza, capace di unire fra loro gli uomini di buona volontà su tutta la terra e di portarli ad alzare lo sguardo verso l’Alto ed ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la loro ultima sorgente in Dio stesso». Quella per la musica è una passione che Joseph Ratzinger ha sempre coltivato, anche dopo l’elezione a successore di Pietro. Suonando il pianoforte, naturalmente. Ascoltando concerti – molti quelli che durante il pontificato di Benedetto XVI sono stati proposti in Vaticano. E parlando di musica, da musicista che sapeva coniugare le note con la fede, che sapeva far dialogare l’arte con la scintilla del Creatore.
«La musica ci purifica e ci solleva, ci fa sentire la grandezza e la bellezza di Dio» la riflessione fatta nell’ottobre del 2005 da Joseph Ratzinger, dopo un concerto dei Münchner philharmoniker diretti da Christian Thielemann, auspicando che «l’armonia del canto e della musica, che non conosce barriere sociali e religiose, rappresenti un costante invito per i credenti e per tutte le persone di buona volontà a ricercare insieme l’universale linguaggio dell’amore che rende gli uomini capaci di costruire un mondo di giustizia e di solidarietà, di speranza e di pace». Lo ha fatto ancora negli anni passati nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano perché, come ricordato nel 2008, «l’arte musicale è chiamata, in modo singolare, ad infondere speranza nell’animo umano, così segnato e talvolta ferito dalla condizione terrena. Vi è una misteriosa e profonda parentela tra musica e speranza, tra canto e vita eterna: non per nulla la tradizione cristiana raffigura gli spiriti beati nell’atto di cantare in coro, rapiti ed estasiati dalla bellezza di Dio. Ma l’autentica arte, come la preghiera, non ci estranea dalla realtà di ogni giorno, bensì ad essa ci rimanda per “irrigarla” e farla germogliare, perché rechi frutti di bene e di pace».
Un magistero sulla musica quello che, come un filo rosso, attraversa i quasi otto anni di pontificato di Benedetto XVI, iniziati il 19 aprile del 2005 e chiusi, con il volo in elicottero dal Vaticano a Castel Gandolfo, il 28 febbraio del 2013. Un magistero che proviamo a ripercorrere attraverso le parole di Joseph Ratzinger. «Che cos’è la musica? Da dove viene e a cosa tende?» si chiedeva nel 2015 ricevendo il dottorato honoris causa da parte della Pontificia università Giovanni Paolo II di Cracovia e dell’Accademia di musica di Cracovia. Tre i luoghi, secondo il Papa scomparso oggi, dai quali scaturisce la musica. « Il primo è l’esperienza dell’amore. Quando gli uomini furono afferrati dall’amore, si schiuse loro un’altra dimensione dell’essere, una nuova grandezza e ampiezza della realtà. Ed essa spinse anche a esprimersi in modo nuovo. La poesia, il canto e la musica in genere sono nati da questo essere colpiti, da questo schiudersi di una nuova dimensione della vita».
Una seconda origine della musica «è l’esperienza della tristezza, l’essere toccati dalla morte, dal dolore e dagli abissi dell’esistenza. Anche in questo caso si schiudono, in direzione opposta, nuove dimensioni della realtà che non possono più trovare risposta nei soli discorsi». Infine, il terzo luogo d’origine della musica «è l’incontro con il divino, che sin dall’inizio è parte di ciò che definisce l’umano. A maggior ragione è qui che è presente il totalmente altro e il totalmente grande che suscita nell’uomo nuovi modi di esprimersi. Forse è possibile affermare che in realtà anche negli altri due ambiti – l’amore e la morte – il mistero divino ci tocca e, in questo senso, è l’essere toccati da Dio che complessivamente costituisce l’origine della musica. Si può dire che la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell’incontro con il divino, con l’esperienza dell’amore e del dolore. Quanto più pura e vera è quell’esperienza, tanto più pura e grande sarà anche la musica che da essa nasce e si sviluppa». Un valore spirituale. E un valore sociale, quello attribuito da Papa Ratzinger alla musica.
«Poiché il linguaggio della musica è universale. Vediamo persone di origini culturali e religiose completamente diverse che si fanno afferrare e parimenti guidare da essa e che se ne fanno interpreti. Quest’universalità della musica è oggi particolarmente accentuata grazie agli strumenti elettronici e digitali della comunicazione. Quante persone nei più diversi Paesi hanno la possibilità di prendere parte, nelle loro abitazioni, a questa esecuzione musicale o anche di riviverla in seguito!» diceva Benedetto XVI nel 2007 con uno sguardo proiettato in avanti. Non solo. Nel 2008 Papa Ratzinger richiamava l’importanza dell’educazione al Bello. « Penso specialmente alle giovani generazioni che dall’accostamento a tale patrimonio artistico possono trarre sempre nuove ispirazioni per costruire il mondo secondo progetti di giustizia e di solidarietà, valorizzando, al servizio dell’uomo, le multiformi espressioni della cultura mondiale. Penso pure all’importanza che riveste l’educazione all’autentica bellezza per la formazione dei giovani. L’arte nel suo complesso contribuisce ad affinare il loro animo e orienta verso l’edificazione di una società aperta agli ideali dello spirito» diceva nel 2007 dopo un concerto in Aula Paolo VI de laVerdi, oggi Orchestra sinfonica di Milano. Idea rimarcata nel 2010 quando in Vaticano ascoltò l’Orchestra giovanile italiana.
«Lo studio della musica riveste un alto valore nel processo educativo della persona, in quanto produce effetti positivi sullo sviluppo dell’individuo, favorendone l’armonica crescita umana e spirituale. Le condizioni attuali della società richiedono uno straordinario impegno educativo in favore delle nuove generazioni. I giovani, anche se vivono in contesti diversi, hanno in comune la sensibilità ai grandi ideali della vita, ma incontrano molte difficoltà nel viverli. Ricercano anche, in modi a volte confusi e contraddittori, la spiritualità e la trascendenza, per trovare equilibrio e armonia. A tale riguardo, mi piace osservare che proprio la musica è capace di aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito e conduce le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto, ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la sorgente ultima in Dio» rifletteva Ratzinger.