L'intervista. «Ricca di petrolio ma con i giovani in fuga. È la Lucania dei paradossi»
I vescovi della Basilicata con papa Francesco durante la visita ad limina. Ligorio è il primo alla destra del Pontefice
«Abbiamo presentato al Santo Padre le peculiarità di una piccola regione del Sud, con una estensione quanto la metà della Toscana e una popolazione come un paio di quartieri di Roma: poco più di 500 mila abitanti disseminati in 131 comuni, l’80% dei quali non supera i tremila abitanti. Una regione afflitta da denatalità e da una fuga massiccia di giovani: ogni anno duemila ragazzi sotto i 35 anni lasciano la Basilicata, ben mille dei quali laureati». È una fotografia senza sconti quella proposta dall’arcivescovo Salvatore Ligorio, amministratore apostolico di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo e presidente della Conferenza episcopale di Basilicata, in occasione della visita ad limina compiuta a Roma, la scorsa settimana, nel corso della quale i presuli lucani hanno incontrato papa Francesco.
Una “fotografia” di una regione dalla quale le giovani generazioni vanno via ma che presenta, come lei va ripetendo, un «importante paradosso». Quale?
Si va via malgrado la ricchezza del sottosuolo. Perché la Basilicata assicura l’80% di tutto il petrolio che produce l’Italia.
Eppure...
Eppure, la configurazione orografica, la carenza di collegamenti, la dimensione dei comuni e le scarse opportunità di lavoro, rendono difficoltosa anche l’opera di evangelizzazione.
E il Santo Padre cosa ha chiesto a voi vescovi?
Di testimoniare la speranza cristiana, annunciando il Risorto, di incoraggiare i giovani a coltivare i sogni e a costruire un futuro diverso dal presente, alimentando i segni di speranza. Il Santo Padre ha invitato i vescovi lucani a prendersi cura e a sostenere la fede soprattutto degli ultimi, dei più poveri, e a combattere la cultura dello scarto.
La Basilicata ha appena rinnovato il Consiglio regionale: la politica locale, negli ultimi anni, ha qualcosa da farsi rimproverare? E quali sfide vanno raccolte e affrontate con urgenza per il prossimo quinquennio?
Non tocca a me attribuire colpe e responsabilità. Mi preoccupa, però, il fatto che in tanti, alle elezioni del 21 e 22 aprile, abbiano disertato le urne, segno di una disaffezione che ha le sue radici nelle condizioni sociali in cui versa la regione. In occasione della Pasqua ho rivolto un caldo invito agli elettori a partecipare alla competizione elettorale chiedendo alle forze politiche di parlare, in campagna elettorale, dei problemi reali della gente indicando soluzioni concrete. Purtroppo ci si è assestati più sugli schieramenti che sui contenuti. Si è parlato più di tattica che di strategie o di ipotesi di sviluppo. La regione ha bisogno, invece, di programmi a lungo termine, che indichino una direzione di marcia, per creare opportunità di lavoro degno del nome. Ed ha bisogno di chiudere con quella che nel messaggio pasquale ho chiamato “la malapianta del clientelismo e della raccomandazione” che mortifica le intelligenze migliori costrette all’emigrazione.
Lo spopolamento resta la priorità?
È il problema più serio. Già oggi l’età media dei lucani, dice la Svimez, è di 47 anni, una delle più elevate d’Italia. E i “paesi-polvere”, come vengono definiti i nostri piccoli comuni, sono a rischio sparizione. Senza una inversione di tendenza per la quale non basta una politica regionale ma serve una politica nazionale che guardi al Paese da Sud, sarà difficile resistere a lungo. E l’autonomia differenziata - come afferma anche la Cei - non pare vada in questa direzione. Auspico almeno su questo tema una unità di intenti di tutte le regioni meridionali.
Lei, pugliese di Grottaglie, ha speso una vita per la Basilicata: ha guidato, dal 1998, le Chiese di Tricarico e Matera-Irsina; e, dal 2015, quella di Potenza, della quale è oggi amministratore apostolico, e che tra pochi giorni avrà il suo nuovo pastore, Davide Carbonaro: perché, negli anni, è diventato più difficile annunciare il Vangelo?
La vera difficoltà nasce proprio dalle complessive condizioni di povertà della regione e dal clima di rassegnazione che si respira soprattutto nei piccoli comuni ogni giorno più minuscoli. Questo pone anche un problema di presenza del clero in ogni comunità non tanto per il numero di sacerdoti disponibile ma soprattutto per la condizione di solitudine in cui un prete finisce per trovarsi, malgrado il suo impegno di animazione di comunità. A questo si aggiunge una pratica di religiosità popolare non priva di elementi spuri che spesso costituiscono un fattore di identificazione legato a modelli religiosi e culturali di acquiescenza e sottomissione, alla logica più volte disapprovata da papa Francesco del “si è fatto sempre così”, oscurando ancor più l’orizzonte del futuro congenito alla fede cristiana.
La difficoltà di trasmettere la fede provoca la crisi delle vocazioni?
La percentuale dei seminaristi rispetto alla popolazione complessiva della regione è comunque buona. La regione ecclesiastica lucana è ancora in grado di assicurare la presenza di un sacerdote in tutti i piccoli paesi ma è fuori dubbio che anche qui c’è stato un calo notevole di vocazioni.
Dal boom culturale e turistico di Matera alle risorse petrolifere della Val d’Agri; dall’agricoltura di qualità del Metapontino al distretto automotive di Melfi: qual è il vero futuro di questa regione?
Il futuro è tutto da scrivere. La regione è ricca di petrolio, come pure di acqua, di vento e di sole in funzione delle energie alternative ma ancora non si vede con chiarezza un progetto di sviluppo che parli all’intero Paese. La Stellantis di Melfi è tra i siti produttivi più grandi del Sud ma la prospettiva dell’auto elettrica sta allarmando i dipendenti perché si prevede una notevole diminuzione di mano d’opera. E il petrolio della Val d’Agri e della valle del Sauro, che non ha portato la ricchezza promessa, ha al suo orizzonte la transizione energetica e la decarbonizzazione entro il 2050. Anche qui non è chiaro come ci si prepari al futuro. Il boom culturale e turistico di Matera dopo l’esperienza di capitale europea della cultura 2019 è, invece, incoraggiante. Si spera possa verificarsi un trend di decisa crescita anche per Potenza, nominata “capitale dei giovani 2024”. Una scelta che è una scommessa, come è stato a suo tempo per Matera.